Università
Intervista a Patrizio Fondi, ambasciatore italiano in Giordania e UE negli Emirati Arabi
Parla del nuovo corso di laurea che sta per partire a Ravenna. E' un grande conoscitore del Mediterraneo e del Medio Oriente, anche per incarichi che ha ricoperto a New York e a Parigi
16 luglio 2020 - Il webinar “Ripartire dal Mediterraneo: Ravenna, Italia, Europa”, organizzato dall’università di Bologna e dal Comune di Ravenna, si chiude oggi alle 17.30 con il terzo incontro, da titolo “Lo spazio Mediterraneo tra rilancio energetico e green deal”.
Fra i protagonisti della prima serata, e certamente fra i più importanti interlocutori di questa iniziativa, Patrizio Fondi: ambasciatore italiano in Giordania, quindi ambasciatore UE negli Emirati Arabi, grande conoscitore del Mediterraneo e del Medio Oriente anche per incarichi a New York e a Parigi... A lui abbiamo chiesto un’opinione sulla situazione mediterranea attuale, e sul nuovo corso di laurea "Società e culture del Mediterraneo" che sta per partire a Ravenna.
Ambasciatore, quale ruolo ha oggi il Mediterraneo?
Per noi europei è una sorta di cortile di casa, e ha un’importanza politica, economica e strategica ineliminabile. Per l’Italia a maggior ragione. Ma anche l’Europa del nord si sta rendendo conto che non può trascurare il Mediterraneo, almeno a causa di un paio di fenomeni fondamentali – terrorismo e immigrazione – che non possono disinteressarli. Poi ci sono la Turchia, che vorrebbe entrare nella UE, e la Russia, che ha ripreso una presenza importante dopo un periodo di assenza: quindi l’importanza strategica ed economica del Mediterraneo si sta nuovamente ampliando. E non è più solo un discorso di rapporto fra sponda sud e sponda nord, come qualche anno fa: siamo andati oltre, oggi i paesi del Golfo Persico hanno incidenza enorme nei confronti dell’Africa, in un’alleanza stretta con gli americani. Insomma, le cose sono cambiate…
Il Mediterraneo, negli ultimi anni, è stato teatro di un costante, e triste, fenomeno migratorio.
La questione dell’emigrazione è molto complessa, e va trattata in maniera approfondita. Quando tenevo conferenze negli Emirati Arabi, come ambasciatore, ho parlato spesso di emigrazione. E avevo una battuta tipica: l’emigrazione ha due facce, è un problema “historical” e “histerical”. Un fatto storico, perché la storia dell’umanità è da sempre una storia di emigrazioni, in passato ancora più di oggi. Ma è una questione isterica: perché la gente lo affronta in maniera emotiva, senza pensare a un approccio razionale o storico.
La cosa da fare non è illudersi di risolverlo, perché non si può: si può solo gestire. L’obiettivo, sia in Italia che in Europa, è trovare la maniera per gestirlo, non per eliminarlo. Poi la politica può fare scelte diverse su come gestirlo: ma posso dire che l’Italia, seppure tra governi diversi e polemiche varie, è riuscita a porre questo problema nell’agenda europea in maniera più consistente che in passato, soprattutto con la questione della distribuzione dei migranti. E’ stato un passo avanti epocale.
Il cammino è ancora lungo, ma ormai l’Europa è entrata in un’ottica diversa da prima. Ora serve leadership: non atteggiamenti provocatori o arroganti, ma un’interlocuzione pacata, razionale e ferma, senza rinunciare ai principi che abbiamo conquistato. Così il problema potrà essere ben affrontato.
Stimoli grandi per chi dovrà studiare la situazione, come i futuri iscritti al corso ravennate…
E’ vero: è un quadro nuovo, ed è interessante anche per l’università focalizzare il tema sul Mediterraneo allargato. Può formare giovani italiani ed europei ad avere un quadro realistico aggiornato e funzionale di quel che il Mediterraneo è diventato. E’ un’offerta che probabilmente mancava: gli operatori potranno essere impiegati utilmente: principalmente sul settore politico e su quello culturale.
Da noi c’è una carriera specifica - APC, Area Promozione Culturale - per assumere persone che seguano gli aspetti culturali e poi vadano negli Istituti Italiani di Cultura all’estero. E’ il tipico incarico a cui può perfettamente aspirare una persona che esce da quella laurea: perché avrebbe conoscenze politiche e culturali, e anche nozioni sulla parte ambientale, una componente sempre più inscindibile.
Torniamo a Ravenna. Dal suo osservatorio, è la sede adatta da cui studiare il Mediterraneo?
Ravenna ha un significato simbolico importante, già girandola a piedi si vedono tracce che danno un senso di universalità, anche molto ben conservata. Si respira aria molto ampia, non confinata all’Italia, che ha collegamenti con l’oriente e il Mediterraneo. E con l’Adriatico, ovviamente, che sta assumendo un’importanza sempre maggiore anche per i Balcani, che sono in rinascita. Ravenna è una scelta eccellente per raccogliere persone di tutto il mondo, e da quell’osservatorio confrontarsi e trarre il massimo vantaggio. Inoltre è una città dove è piacevole vivere, mi pare: ben gestita, ottimo cibo, gentile, le cose funzionano. Un ambiente in cui uno studente può stare bene, e che dà un’ottima immagine dell’Italia: e da diplomatico è un aspetto che mi fa particolarmente piacere.
Fra i protagonisti della prima serata, e certamente fra i più importanti interlocutori di questa iniziativa, Patrizio Fondi: ambasciatore italiano in Giordania, quindi ambasciatore UE negli Emirati Arabi, grande conoscitore del Mediterraneo e del Medio Oriente anche per incarichi a New York e a Parigi... A lui abbiamo chiesto un’opinione sulla situazione mediterranea attuale, e sul nuovo corso di laurea "Società e culture del Mediterraneo" che sta per partire a Ravenna.
Ambasciatore, quale ruolo ha oggi il Mediterraneo?
Per noi europei è una sorta di cortile di casa, e ha un’importanza politica, economica e strategica ineliminabile. Per l’Italia a maggior ragione. Ma anche l’Europa del nord si sta rendendo conto che non può trascurare il Mediterraneo, almeno a causa di un paio di fenomeni fondamentali – terrorismo e immigrazione – che non possono disinteressarli. Poi ci sono la Turchia, che vorrebbe entrare nella UE, e la Russia, che ha ripreso una presenza importante dopo un periodo di assenza: quindi l’importanza strategica ed economica del Mediterraneo si sta nuovamente ampliando. E non è più solo un discorso di rapporto fra sponda sud e sponda nord, come qualche anno fa: siamo andati oltre, oggi i paesi del Golfo Persico hanno incidenza enorme nei confronti dell’Africa, in un’alleanza stretta con gli americani. Insomma, le cose sono cambiate…
Il Mediterraneo, negli ultimi anni, è stato teatro di un costante, e triste, fenomeno migratorio.
La questione dell’emigrazione è molto complessa, e va trattata in maniera approfondita. Quando tenevo conferenze negli Emirati Arabi, come ambasciatore, ho parlato spesso di emigrazione. E avevo una battuta tipica: l’emigrazione ha due facce, è un problema “historical” e “histerical”. Un fatto storico, perché la storia dell’umanità è da sempre una storia di emigrazioni, in passato ancora più di oggi. Ma è una questione isterica: perché la gente lo affronta in maniera emotiva, senza pensare a un approccio razionale o storico.
La cosa da fare non è illudersi di risolverlo, perché non si può: si può solo gestire. L’obiettivo, sia in Italia che in Europa, è trovare la maniera per gestirlo, non per eliminarlo. Poi la politica può fare scelte diverse su come gestirlo: ma posso dire che l’Italia, seppure tra governi diversi e polemiche varie, è riuscita a porre questo problema nell’agenda europea in maniera più consistente che in passato, soprattutto con la questione della distribuzione dei migranti. E’ stato un passo avanti epocale.
Il cammino è ancora lungo, ma ormai l’Europa è entrata in un’ottica diversa da prima. Ora serve leadership: non atteggiamenti provocatori o arroganti, ma un’interlocuzione pacata, razionale e ferma, senza rinunciare ai principi che abbiamo conquistato. Così il problema potrà essere ben affrontato.
Stimoli grandi per chi dovrà studiare la situazione, come i futuri iscritti al corso ravennate…
E’ vero: è un quadro nuovo, ed è interessante anche per l’università focalizzare il tema sul Mediterraneo allargato. Può formare giovani italiani ed europei ad avere un quadro realistico aggiornato e funzionale di quel che il Mediterraneo è diventato. E’ un’offerta che probabilmente mancava: gli operatori potranno essere impiegati utilmente: principalmente sul settore politico e su quello culturale.
Da noi c’è una carriera specifica - APC, Area Promozione Culturale - per assumere persone che seguano gli aspetti culturali e poi vadano negli Istituti Italiani di Cultura all’estero. E’ il tipico incarico a cui può perfettamente aspirare una persona che esce da quella laurea: perché avrebbe conoscenze politiche e culturali, e anche nozioni sulla parte ambientale, una componente sempre più inscindibile.
Torniamo a Ravenna. Dal suo osservatorio, è la sede adatta da cui studiare il Mediterraneo?
Ravenna ha un significato simbolico importante, già girandola a piedi si vedono tracce che danno un senso di universalità, anche molto ben conservata. Si respira aria molto ampia, non confinata all’Italia, che ha collegamenti con l’oriente e il Mediterraneo. E con l’Adriatico, ovviamente, che sta assumendo un’importanza sempre maggiore anche per i Balcani, che sono in rinascita. Ravenna è una scelta eccellente per raccogliere persone di tutto il mondo, e da quell’osservatorio confrontarsi e trarre il massimo vantaggio. Inoltre è una città dove è piacevole vivere, mi pare: ben gestita, ottimo cibo, gentile, le cose funzionano. Un ambiente in cui uno studente può stare bene, e che dà un’ottima immagine dell’Italia: e da diplomatico è un aspetto che mi fa particolarmente piacere.
(nella foto, Sua Altezza lo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, Ministro degli Esteri e fratello del Presidente Khalifa bin Zayed Al Nahyan, mentre conferisce l'Ordine di Indipendenza, Prima Classe, a Patrizio Fondi, il capo della delegazione dell'UE negli Emirati Arabi, in riconoscimento dei suoi sforzi durante il suo mandato, verso lo sviluppo e il rafforzamento delle relazioni tra gli EAU e l'UE in diversi settori)
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