Ecco il documento Inail-Iss che minaccia gli stabilimenti balneari

13 maggio 2020 - Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, è su tutte le furie: con quel documento “vogliono tenerci chiusi”.

Il documento in questione rappresenta le regole che Inail e Istituto superiore di sanità ritengono indispensabili per la stagione balneare. E’ vero che ieri la Regione ha approvato le ‘sue’ regole, ritagliate a misura di territorio, ma la burocrazia romana è pronta a colpire, chiedendo il rispetto della propria normativa.

“Una follia. Perché le spiagge italiane non sono tutte uguali: ognuno ha la sua peculiarità. E su una materia così delicata devono essere le Regioni a decidere, in base alle caratteristiche dei singoli territori. Noi ci opporremo fermamente», taglia corto l’assessore regionale al Turismo, Andrea Corsini.
Ma in cosa divergono i due documenti? Vediamo in sintesi.

Per quanto riguarda la superficie minima per ombrellone la Regione fissa il minimo in 12 metri quadrati, Inail-Iss ne prevedono 20. Distanza tra lettini: 1,5 contro 2 metri. Aree gioco per bambini: delimitate e con un numero massimo di presenze consentite, con vigilanza da parte dei genitori; per Roma sono vietate le aree-gioco che possono creare assembramenti, deve essere garantita vigilanza costante del distanziamento bambini, ma da chi?
Giochi da spiaggia e attività sportive: ok per gli sport individuali, per quelli di gruppo o in coppia, valgono le norme per gli sport di squadra (oggi vietati); Inail-Iss scrive: “Vietate le attività ludiche/sportive di gruppo o che possono comportare assembramenti”.

Piscine: adeguarsi a eventuali protocolli specifici, altrimenti vietate; vietate per Roma.

Eventi musicali in spiaggia: ok solo da scolto, seduti e distanziati; per Inail.Iss sono vietati.
Diverse categorie economiche del turismo sono poi sul piede di guerra per l’interpretazione che sempre l’Inail sta attuando a fronte di dipendenti risultati positivi al Covid-19: la positività viene considerata dall’Inail ‘infortunio sul lavoro’ (non ‘malattia’).

Con questa interpretazione il datore di lavoro è chiamato a rispondere in sede penale e civile, accusato di aver disatteso le prescrizioni anti-Covid 19.


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