Sopra le righe
Emilio Rambelli e la Darsena: "La parola d'ordine è ristrutturare"
L'architetto di Nuovostudio che ha progettato il Darsenale è impegnato in un nuovo intervento immobiliare in quell'area
27 luglio 2020 - E’ certamente uno dei padri del nuovo volto della Darsena di città: basterebbe il fatto che ha progettato il Darsenale, uno dei locali più innovativi ed “europei” dell’intero panorama cittadino. Ma Emilio Rambelli di Nuovostudio - uno degli indiscussi protagonisti dell’architettura ravennate (e non solo) degli ultimi decenni – è anche il progettista di un nuovo, recente intervento che vedrà la luce nei prossimi mesi all’inizio di via Trieste: la ristrutturazione di una vecchia teloneria, per realizzarne dieci unità abitative di moderna concezione. Un intervento che Rambelli presenterà mercoledì 29 alle 18.30, al Salone dei Mosaici di piazza Kennedy, assieme all’immobiliarista Fabrizio Savorani e ad altri professionisti coinvolti nell’operazione.
Il nuovo progetto è l’occasione per chiedere all’architetto Rambelli un parere sulla Darsena, a pochi giorni dall’inaugurazione della nuova passerella pedonale.
Architetto, in due parole: come giudica lo stato dell’arte alla Darsena?
La Darsena è un po’ come la bella Cecilia… Ne sento parlare da almeno trent’anni, un periodo nel quale ne ho viste e sentite di ogni. Forse, se la situazione attuale è ancora così incompiuta, è perché nessuno in passato ci ha mai creduto fino in fondo: l’amministrazione comunale è stata spesso autoreferenziale, senza ascoltare davvero i proprietari e dando vita ad un incremento normativo paralizzante; per parte sua, l’imprenditoria non ha brillato per coraggio, del resto qui non abbiamo Peggy Guggenheim né Olivetti… Si è parlato in passato di esempi europei importanti a cui riferirsi – da Anversa, a Barcellona, a Rotterdam – ma in quelle città c’è un tessuto imprenditoriale e culturale di ben altro livello.
Un quadro molto critico. Vale anche per l’oggi?
In realtà, l’attuale amministrazione comunale – che ha ereditato dalle precedenti la situazione di fatto – sta cercando di porvi mano: sia sburocratizzando che con interventi diretti. Su alcune cose poteva fare di più, in verità: ad esempio, l’ex Dogana – invece che la sede dei Vigili – poteva diventare uno spazio collettivo, una biblioteca di quartiere, un luogo di incontro… Ma ci sono comunque passi avanti incoraggianti.
Intanto, la cittadinanza dimostra di gradire la Darsena come luogo del passeggio serale, nonostante molti spazi vuoti.
Un adagio dell’architettura dice che bastano poche punture di spillo… Nel senso che sono stati sufficienti alcuni locali interessanti – il Darsenale, il Pop Up – per fungere da catalizzatori. Peccato che in altri contesti, come ad esempio la torre di Zucchi, non ci sia stata la possibilità di integrare il contesto abitativo con altre funzioni, come ad esempio bar o locali: sarebbe certamente servito a rendere ancora più vivace e stimolante il contesto, invece di renderlo monofunzionale, soltanto residenziale. Anche in questo caso, in passato l’amministrazione comunale ha peccato di dirigismo, decidendo a priori cosa fare e cosa escludere. Ma un quartiere non può nascere solo come un libro dei sogni: ci si dovrebbe confrontare sempre con i costruttori, con la realtà concreta…
A proposito di contesti abitativi, veniamo al nuovo progetto di via Trieste. Come nasce, come si svilupperà?
L’opportunità è nata dalla proprietà del vecchio magazzino, l’ex teloneria che sorge praticamente di fronte alla farmacia. Da solo, l’edificio non si vendeva: allora abbiamo proposto un percorso che porterà a realizzare dieci unità singole e autonome, di tipologia innovativa – case a patio – e con la massima classe energetica, peraltro a costi ragionevoli. Un intervento che interpreta alla perfezione la filosofia della Regione Emilia-Romagna: non più espansioni nuove, bensì ristrutturazioni, anche laddove c’erano destinazioni d’uso diverse. E’ un’operazione virtuosa, e in più si attua proprio all’inizio della Darsena: non a caso, anche se non l’abbiamo ancora presentata ufficialmente, registriamo già un certo interesse…
© copyright la Cronaca di Ravenna
Il nuovo progetto è l’occasione per chiedere all’architetto Rambelli un parere sulla Darsena, a pochi giorni dall’inaugurazione della nuova passerella pedonale.
Architetto, in due parole: come giudica lo stato dell’arte alla Darsena?
La Darsena è un po’ come la bella Cecilia… Ne sento parlare da almeno trent’anni, un periodo nel quale ne ho viste e sentite di ogni. Forse, se la situazione attuale è ancora così incompiuta, è perché nessuno in passato ci ha mai creduto fino in fondo: l’amministrazione comunale è stata spesso autoreferenziale, senza ascoltare davvero i proprietari e dando vita ad un incremento normativo paralizzante; per parte sua, l’imprenditoria non ha brillato per coraggio, del resto qui non abbiamo Peggy Guggenheim né Olivetti… Si è parlato in passato di esempi europei importanti a cui riferirsi – da Anversa, a Barcellona, a Rotterdam – ma in quelle città c’è un tessuto imprenditoriale e culturale di ben altro livello.
Un quadro molto critico. Vale anche per l’oggi?
In realtà, l’attuale amministrazione comunale – che ha ereditato dalle precedenti la situazione di fatto – sta cercando di porvi mano: sia sburocratizzando che con interventi diretti. Su alcune cose poteva fare di più, in verità: ad esempio, l’ex Dogana – invece che la sede dei Vigili – poteva diventare uno spazio collettivo, una biblioteca di quartiere, un luogo di incontro… Ma ci sono comunque passi avanti incoraggianti.
Intanto, la cittadinanza dimostra di gradire la Darsena come luogo del passeggio serale, nonostante molti spazi vuoti.
Un adagio dell’architettura dice che bastano poche punture di spillo… Nel senso che sono stati sufficienti alcuni locali interessanti – il Darsenale, il Pop Up – per fungere da catalizzatori. Peccato che in altri contesti, come ad esempio la torre di Zucchi, non ci sia stata la possibilità di integrare il contesto abitativo con altre funzioni, come ad esempio bar o locali: sarebbe certamente servito a rendere ancora più vivace e stimolante il contesto, invece di renderlo monofunzionale, soltanto residenziale. Anche in questo caso, in passato l’amministrazione comunale ha peccato di dirigismo, decidendo a priori cosa fare e cosa escludere. Ma un quartiere non può nascere solo come un libro dei sogni: ci si dovrebbe confrontare sempre con i costruttori, con la realtà concreta…
A proposito di contesti abitativi, veniamo al nuovo progetto di via Trieste. Come nasce, come si svilupperà?
L’opportunità è nata dalla proprietà del vecchio magazzino, l’ex teloneria che sorge praticamente di fronte alla farmacia. Da solo, l’edificio non si vendeva: allora abbiamo proposto un percorso che porterà a realizzare dieci unità singole e autonome, di tipologia innovativa – case a patio – e con la massima classe energetica, peraltro a costi ragionevoli. Un intervento che interpreta alla perfezione la filosofia della Regione Emilia-Romagna: non più espansioni nuove, bensì ristrutturazioni, anche laddove c’erano destinazioni d’uso diverse. E’ un’operazione virtuosa, e in più si attua proprio all’inizio della Darsena: non a caso, anche se non l’abbiamo ancora presentata ufficialmente, registriamo già un certo interesse…
© copyright la Cronaca di Ravenna