Cultura
Mostra “Caputo e i suoi Castiglione”
Rassegna di dipinti dello scomparso artista cervese Augusto Ponti nel Private Banking di Piazza del Popolo
![Mostra “Caputo e i suoi Castiglione”](/file/articoli/th/articoli_637915081249889247.jpg)
22 giugno 2022 - La Cassa di Ravenna S.p.A., nell’ambito delle iniziative di valorizzazione del collezionismo privato e della cultura artistica, ospita presso le proprie vetrine del “Private Banking” di Ravenna in Piazza del Popolo n.30, fino al 5 luglio prossimo, una nuova mostra dedicata a “Caputo e i suoi Castiglione”, rassegna di dipinti dello scomparso artista cervese Augusto Ponti, in arte “Caputo”, l’esposizione è curata dalla signora Giovanna Pirini, pronipote del pittore.
Augusto Ponti era nato a Cervia nel 1920 ed ha vissuto a Castiglione di Cervia e a Milano Marittima fino al 23 settembre 2020, giorno della morte.
I genitori, prima della sua nascita, adottarono una bimba orfana, che tutti chiamavano “la caputina” perché indossava sempre un lungo cappotto; la bimba morì e Augusto, in suo ricordo, decise di farsi chiamare Caputo, firmando così anche i suoi quadri.
Durante la sua lunga vita Caputo ha svolto anche il mestiere di rammendatore, ma nel tempo libero tornava sempre ad occuparsi di pittura e di disegno, attività a cui si è dedicato fino a pochi mesi prima della morte. Disegnava e pitturava qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani, dalle mattonelle in cotto agli oggetti di legno; i soggetti dipinti erano, prevalentemente, visi e figure, paesaggi e nature morte. Le vicende che più lo hanno segnato sono state quelle legate alla Seconda Guerra Mondiale: prima l’esperienza del fronte in Albania, poi la deportazione in un campo di lavoro in Germania, dove è sopravvissuto due anni, dal 1943 all’estate del 1945.
© copyright la Cronaca di Ravenna
Augusto Ponti era nato a Cervia nel 1920 ed ha vissuto a Castiglione di Cervia e a Milano Marittima fino al 23 settembre 2020, giorno della morte.
I genitori, prima della sua nascita, adottarono una bimba orfana, che tutti chiamavano “la caputina” perché indossava sempre un lungo cappotto; la bimba morì e Augusto, in suo ricordo, decise di farsi chiamare Caputo, firmando così anche i suoi quadri.
Durante la sua lunga vita Caputo ha svolto anche il mestiere di rammendatore, ma nel tempo libero tornava sempre ad occuparsi di pittura e di disegno, attività a cui si è dedicato fino a pochi mesi prima della morte. Disegnava e pitturava qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani, dalle mattonelle in cotto agli oggetti di legno; i soggetti dipinti erano, prevalentemente, visi e figure, paesaggi e nature morte. Le vicende che più lo hanno segnato sono state quelle legate alla Seconda Guerra Mondiale: prima l’esperienza del fronte in Albania, poi la deportazione in un campo di lavoro in Germania, dove è sopravvissuto due anni, dal 1943 all’estate del 1945.
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