Sopra le righe
Il teatro è un’arte che si fa insieme
Intervista ad Alessandro Argnani e Marcella Nonni, direttori di Ravenna Teatro che questa sera avvia a Castiglione la rassegna E’ temp
![Il teatro è un’arte che si fa insieme](/file/articoli/th/articoli_959.jpg)
23 luglio 2020 - Si inaugura questa sera a Castiglione E’ temp (il tempo), la rassegna che segna il nuovo inizio dell’attività di Ravenna Teatro. Undici spettacoli all’aperto fino al 3 agosto, nell’area del cinquecentesco Palazzo Grossi, con proposte di teatro, cinema e musica legate tanto dallo spirito di ricerca, che anima da sempre l’attività del centro di produzione ravennate, quanto dalla speciale attenzione al territorio.
Tra i protagonisti della manifestazione ci saranno presenze storiche come quella di Luigi Dadina, che fu tra i fondatori del Teatro delle Albe; ci saranno artisti che avrebbero dovuto partecipare alla stagione penalizzata dall’emergenza dei mesi scorsi, come Saverio La Ruina, Chiara Lagani o Mario Perrotta; parteciperà il poeta Nevio Spadoni, da un verso del quale è tratto il titolo della rassegna; il territorio sarà presente con contributi singoli e di gruppi, oltre che attraverso l’impiego della lingua romagnola in più di uno spettacolo.
Uno degli appuntamenti di maggior rilievo è quello con il film Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi, sulla vicenda della politica birmana: l’hanno realizzato Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, che con Dadina e Marcella Nonni fondarono nel 1983 il Teatro delle Albe, costituitosi otto anni dopo in cooperativa con la Compagnia Drammatico Vegetale sotto il nome di Ravenna Teatro.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Marcella Nonni e Alessandro Argnani, che di Ravenna Teatro condividono la direzione; il presidente è Luigi Dadina, mentre i direttori artistici del Teatro delle Albe sono Marco Martinelli ed Ermanna Montanari (Pietro Fenati ed Elvira Mascanzoni quelli di Drammatico Vegetale): un gruppo coeso che da quasi quarant’anni condivide la vita nel teatro e per il teatro, con risultati la cui eccellenza è riconosciuta da tempo in campo internazionale.
Alessandro Argnani, per le restrizioni imposte dal Covid-19 avete dovuto rinunciare a recarvi in diversi Paesi, ma tu hai dichiarato che ora il vostro mondo è il territorio: puoi dirci di più su questo argomento?
"Sia come Teatro delle Albe sia come Compagnia Drammatico Vegetale siamo abituati a pensare il nostro territorio come il luogo dove parte la semina della cultura teatrale. Possiamo pensare di essere persone che abitano e vivono il teatro solo se siamo capaci di fare, raccontare, presentare e offrire agli abitanti della nostra città una visione preziosa del teatro come luogo di crescita; non di fruizione e basta, ma proprio come esperienza che possa farci crescere come comunità.
Ora, in un anno così particolare, le tournée sono ridotte, quindi il nostro mondo ancora di più sarà la nostra terra e cercheremo di investire tutte le energie sulla nostra città, assieme ai nostri concittadini e agli artisti, tanti, che vivono a Ravenna".
Alcuni spettacoli saranno in romagnolo. Ce ne vuoi parlare?
"Noi realizziamo E’ temp a Palazzo Grossi, un luogo che riconosciamo come molto importante e dove abbiamo già fatto diverse esperienze, ma questo spazio vive grazie anche ad altre realtà: in particolare, l’Associazione culturale castiglionese intitolata a Umberto Foschi e il Collegium Musicum Classense, che si occupa dei concerti e parteciperà anch’esso alla nostra rassegna. La Umberto Foschi ha organizzato per noi un recital in dialetto romagnolo e inoltre ci sarà Nevio Spadoni. Abbiamo deciso di servirci, per dare un titolo alla rassegna, di un suo verso e anche lui, che è un poeta delle nostre terre presente nelle pubblicazioni più importanti a livello nazionale, farà un recital incentrandolo sulla figura del matto. L’andrà a scovare in tutte le poesie scritte in dialetto romagnolo, non solo sue, ma anche di altri poeti".
Marcella Nonni, in Ravenna Teatro coesistono generazioni diverse. Quanto è positivo questo fatto?
"C’è la generazione dei sessantenni di cui facciamo parte Ermanna Montanari, Martinelli, Dadina e io, ma è un quarantenne Alessandro Argnani, la persona che condivide con me la direzione di Ravenna Teatro. Anche altri, della sua età o più giovani di lui, sono cresciuti potremmo dire a bottega; sono generazioni di teatranti che si sono sviluppate grazie al lavoro fatto da Ravenna Teatro in questi anni e che poi hanno scelto liberamente se restare all'interno della cooperativa o prendere un’altra strada.
Ci piace dire che alimentiamo la concorrenza. Per noi un aspetto importante del fare teatro è quella di contagiare, un termine che uso in un'accezione positiva, le nuove generazioni. Negli anni sono nate diverse nuove realtà nel nostro campo e Ravenna è una città che oggi ha un grande fermento teatrale: questo per noi è motivo di orgoglio e di soddisfazione".
Voi avete un rapporto speciale con il pubblico. Come lo costruite?
"Per noi gli spettatori sono come delle piccole pianticelle che curiamo, in certi casi, fin dall’infanzia: in alcune nostre iniziative i ragazzi giocano a fare teatro, ma poi a loro volta vengono ad assistere agli spettacoli.
Abbiamo poi costruito degli itinerari per portare gli spettatori al Teatro Rasi dal Forese: da Castiglione, da Piangipane, da Alfonsine, da Russi, da tutta una serie di luoghi per i quali abbiamo organizzato degli autobus. Le persone che si iscrivono pagano non solo l’abbonamento ma anche una piccola quota per il trasporto; durante i percorsi c’è qualcuno che parla dello spettacolo al quale assisteranno.
È un modo per accogliere anche spettatori che magari in macchina non hanno voglia di venire fino a Ravenna oppure hanno paura della nebbia la sera: su questo servizio abbiamo lavorato parecchio, ma ci ha dato molte soddisfazioni.
Organizziamo anche incontri nelle case, per esempio degli aperitivi in cui parliamo della nostra stagione, e in queste occasioni abbiamo avuto da parte degli spettatori delle sollecitazioni che a volte abbiamo accolto. Teniamo molto a stare vicino al nostro pubblico perché il teatro è un’arte dal vivo a cui devono partecipare gli attori, ma è essenziale che ci siano gli spettatori, così come i tecnici e le maschere. Il teatro è qualcosa che si fa insieme".
Patrizia Luppi
© copyright la Cronaca di Ravenna
Tra i protagonisti della manifestazione ci saranno presenze storiche come quella di Luigi Dadina, che fu tra i fondatori del Teatro delle Albe; ci saranno artisti che avrebbero dovuto partecipare alla stagione penalizzata dall’emergenza dei mesi scorsi, come Saverio La Ruina, Chiara Lagani o Mario Perrotta; parteciperà il poeta Nevio Spadoni, da un verso del quale è tratto il titolo della rassegna; il territorio sarà presente con contributi singoli e di gruppi, oltre che attraverso l’impiego della lingua romagnola in più di uno spettacolo.
Uno degli appuntamenti di maggior rilievo è quello con il film Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi, sulla vicenda della politica birmana: l’hanno realizzato Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, che con Dadina e Marcella Nonni fondarono nel 1983 il Teatro delle Albe, costituitosi otto anni dopo in cooperativa con la Compagnia Drammatico Vegetale sotto il nome di Ravenna Teatro.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Marcella Nonni e Alessandro Argnani, che di Ravenna Teatro condividono la direzione; il presidente è Luigi Dadina, mentre i direttori artistici del Teatro delle Albe sono Marco Martinelli ed Ermanna Montanari (Pietro Fenati ed Elvira Mascanzoni quelli di Drammatico Vegetale): un gruppo coeso che da quasi quarant’anni condivide la vita nel teatro e per il teatro, con risultati la cui eccellenza è riconosciuta da tempo in campo internazionale.
Alessandro Argnani, per le restrizioni imposte dal Covid-19 avete dovuto rinunciare a recarvi in diversi Paesi, ma tu hai dichiarato che ora il vostro mondo è il territorio: puoi dirci di più su questo argomento?
"Sia come Teatro delle Albe sia come Compagnia Drammatico Vegetale siamo abituati a pensare il nostro territorio come il luogo dove parte la semina della cultura teatrale. Possiamo pensare di essere persone che abitano e vivono il teatro solo se siamo capaci di fare, raccontare, presentare e offrire agli abitanti della nostra città una visione preziosa del teatro come luogo di crescita; non di fruizione e basta, ma proprio come esperienza che possa farci crescere come comunità.
Ora, in un anno così particolare, le tournée sono ridotte, quindi il nostro mondo ancora di più sarà la nostra terra e cercheremo di investire tutte le energie sulla nostra città, assieme ai nostri concittadini e agli artisti, tanti, che vivono a Ravenna".
Alcuni spettacoli saranno in romagnolo. Ce ne vuoi parlare?
"Noi realizziamo E’ temp a Palazzo Grossi, un luogo che riconosciamo come molto importante e dove abbiamo già fatto diverse esperienze, ma questo spazio vive grazie anche ad altre realtà: in particolare, l’Associazione culturale castiglionese intitolata a Umberto Foschi e il Collegium Musicum Classense, che si occupa dei concerti e parteciperà anch’esso alla nostra rassegna. La Umberto Foschi ha organizzato per noi un recital in dialetto romagnolo e inoltre ci sarà Nevio Spadoni. Abbiamo deciso di servirci, per dare un titolo alla rassegna, di un suo verso e anche lui, che è un poeta delle nostre terre presente nelle pubblicazioni più importanti a livello nazionale, farà un recital incentrandolo sulla figura del matto. L’andrà a scovare in tutte le poesie scritte in dialetto romagnolo, non solo sue, ma anche di altri poeti".
Marcella Nonni, in Ravenna Teatro coesistono generazioni diverse. Quanto è positivo questo fatto?
"C’è la generazione dei sessantenni di cui facciamo parte Ermanna Montanari, Martinelli, Dadina e io, ma è un quarantenne Alessandro Argnani, la persona che condivide con me la direzione di Ravenna Teatro. Anche altri, della sua età o più giovani di lui, sono cresciuti potremmo dire a bottega; sono generazioni di teatranti che si sono sviluppate grazie al lavoro fatto da Ravenna Teatro in questi anni e che poi hanno scelto liberamente se restare all'interno della cooperativa o prendere un’altra strada.
Ci piace dire che alimentiamo la concorrenza. Per noi un aspetto importante del fare teatro è quella di contagiare, un termine che uso in un'accezione positiva, le nuove generazioni. Negli anni sono nate diverse nuove realtà nel nostro campo e Ravenna è una città che oggi ha un grande fermento teatrale: questo per noi è motivo di orgoglio e di soddisfazione".
Voi avete un rapporto speciale con il pubblico. Come lo costruite?
"Per noi gli spettatori sono come delle piccole pianticelle che curiamo, in certi casi, fin dall’infanzia: in alcune nostre iniziative i ragazzi giocano a fare teatro, ma poi a loro volta vengono ad assistere agli spettacoli.
Abbiamo poi costruito degli itinerari per portare gli spettatori al Teatro Rasi dal Forese: da Castiglione, da Piangipane, da Alfonsine, da Russi, da tutta una serie di luoghi per i quali abbiamo organizzato degli autobus. Le persone che si iscrivono pagano non solo l’abbonamento ma anche una piccola quota per il trasporto; durante i percorsi c’è qualcuno che parla dello spettacolo al quale assisteranno.
È un modo per accogliere anche spettatori che magari in macchina non hanno voglia di venire fino a Ravenna oppure hanno paura della nebbia la sera: su questo servizio abbiamo lavorato parecchio, ma ci ha dato molte soddisfazioni.
Organizziamo anche incontri nelle case, per esempio degli aperitivi in cui parliamo della nostra stagione, e in queste occasioni abbiamo avuto da parte degli spettatori delle sollecitazioni che a volte abbiamo accolto. Teniamo molto a stare vicino al nostro pubblico perché il teatro è un’arte dal vivo a cui devono partecipare gli attori, ma è essenziale che ci siano gli spettatori, così come i tecnici e le maschere. Il teatro è qualcosa che si fa insieme".
Patrizia Luppi
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