Lunga vita al cd, altro che internet | la CRONACA di RAVENNA

Lunga vita al cd, altro che internet

Marcello Pirazzoli con "Rok" da 23 anni sulla breccia

05 giugno 2020 - Le grandi vetrine che si affacciano sul cortile, tappezzate di compact disc Ecm, sono il miglior biglietto da visita per Rok, il negozio di dischi di via IV Novembre 23 b/d: esprimono gusti raffinati e sicurezza nelle scelte, le caratteristiche che si ritrovano nell’ampia selezione di cd di tutti i generi (pochi i vinili) proposta dal fondatore e titolare, Marcello Pirazzoli.
Rok esiste da 23 anni, un record in una città dove numerosi altri esercizi commerciali analoghi sono nel frattempo scomparsi. Pirazzoli, che alla passione per la musica affianca a pari merito quella da tifoso del Bologna, ne aveva appena 22 quando aprì il negozio nella sua prima sede, in via Baccarini, per spostarsi poi in via Santi Muratori, nel cuore del centro storico, e infine a due passi, nell’ampio spazio attuale.
Rok è appartato rispetto al costante transito di ravennati e di turisti, si trova infatti in una tipica corte alla quale si accede attraverso un breve passaggio aperto sulla via. È un luogo tranquillo dove soffermarsi a esaminare l’abbondante proposta di musica e magari anche a fare due chiacchiere con l’affabile e schietto proprietario.
Marcello Pirazzoli, da quando hai iniziato 23 anni fa ci sono stati grandi cambiamenti nel tuo campo. In particolare, che effetto ha avuto la musica disponibile su internet?

Per quanto mi riguarda, internet non ha molto influito sulle vendite; direi invece che ha chiarito ancora di più la differenza tra chi è appassionato di musica e chi non lo è. Prima usciva un disco dei Red Hot Chili Peppers e lo compravano tutti, adesso pochi ascoltatori lo acquistano: per il novanta per cento sono giovanissimi che lo scaricano perché è di moda.

Da un altro punto di vista, la rete può essere utile per vendere e per ampliare la clientela. È così per te?
Io ho un sito di acquisti, ma non è di quelli dove compri con il carrello. Nel mio ascolti musica e se trovi un articolo che ti interessa me lo devi comunicare personalmente; se ho il disco in negozio lo spedisco subito, altrimenti lo ordino. Il sito incide poco sul volume delle vendite, più o meno per il dieci per cento. La rete è una giungla dove sei uno dei tanti ed è difficile ritagliarti uno spazio: le persone ci vanno per risparmiare, non per farsi un giro, ascoltare e scegliere. Puoi avere delle belle cose, ma quello che interessa è solo il prezzo di vendita.

Com’è composta la tua clientela?

Sono soprattutto adulti, dai cinquant’anni in su, ancora affezionati all’oggetto disco. Chi è abituato ad avere l’oggetto continua ad acquistarlo, come succede per i libri. I ragazzi più giovani non hanno avuto la possibilità di affezionarsi e vedono il cd o il vinile come qualcosa di strano.
Lavoro soprattutto con persone che vengono dal circondario e anche da Bologna e da fuori regione: magari gente che ha parenti qui a Ravenna o altri, anche stranieri, che vengono da queste parti una volta all'anno per le vacanze al mare. Il turismo di massa non mi porta quasi niente, ma su mille persone che arrivano per vedere le chiese o per andare a Mirabilandia c’è anche uno che ama la musica.

I clienti locali sono la minoranza, quindi?

Considerando la grandezza di Ravenna e gli avvenimenti che ci sono in città, come il Festival, ci si potrebbe aspettare una cultura media in campo musicale e una ricettività molto più alte da parte degli abitanti. Come negoziante non le ho constatate, anche se ho diversi clienti ravennati.
Io peraltro ho un carattere franco, non scendo a compromessi e quindi non sono il tipico negoziante che stende il tappeto rosso davanti a tutti e si pone in modo impersonale: preferisco avere con chi viene in negozio un rapporto, un dialogo. Non vado d’accordo con tutti, ma così lavoro più rilassato e tranquillo, sono più disponibile a dare consigli. D’altronde, dai clienti ho imparato tantissimo.

Come hai vissuto l’emergenza Coronavirus? Come vedi il futuro immediato della tua attività?
Io avrei aperto anche più tardi, due o tre settimane dopo, tanto se le persone non vanno in giro perché hanno il timore di infettarsi non si vende niente. Se a breve la situazione ritornerà esattamente come prima, sono abbastanza fiducioso riguardo al futuro; ma se invece la gente resterà bloccata per la paura nonostante le aperture, se girerà e si sposterà di meno, la situazione sarà molto più complicata.

Patrizia Luppi


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