Riccardo Muti e l’Orchestra Cherubini tra «Il padrino» di Rota e il «Bolero» di Ravel | la CRONACA di RAVENNA

Riccardo Muti e l’Orchestra Cherubini tra «Il padrino» di Rota e il «Bolero» di Ravel

Sfida vinta per il Ravenna Festival 2023, dagli ingenti danni per l’alluvione a un’edizione pienamente riuscita e coronata dal grande successo di ieri sera al Pala De André

21 luglio 2023 - I lunghi applausi scroscianti che ieri sera hanno salutato Riccardo Muti, il violoncellista Tamás Varga e l’Orchestra Cherubini sono stati la misura del grandissimo apprezzamento, nei confronti degli artisti e del programma, del pubblico che gremiva il Pala De André.
Allo stesso tempo, il successo di questo concerto, l’ultimo sinfonico in cartellone a Ravenna per il Festival, ha posto il meritato suggello a un’edizione che, nonostante i gravissimi danni alla Fondazione causati dall’alluvione, è riuscita a mantenere tutte le promesse ed è arrivata alle battute finali (restano un concerto da camera e tre serate a Lugo) in ottimo modo.

Merito soprattutto dell’organizzazione tuttora impeccabile, anche dal punto di vista umano, che in tanti anni è stata impostata da Cristina Mazzavillani Muti, ieri sera presente al fianco del marito Riccardo. Da un altro punto di vista, comunque, il merito del perdurante successo del Festival va almeno in parte anche alla fiducia data ai giovani, che arricchiscono i programmi con la loro presenza vitale e creativa e in certi casi, come quello dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, sono diventati nel tempo colonne della manifestazione.

«Questa è l’Italia che vale» ha sottolineato Muti alla fine del concerto. «Questi sono giovani, giovanissimi valorosi che rappresentano l’Italia. L’anno prossimo festeggeremo i vent’anni dalla fondazione dell’Orchestra Cherubini. Speriamo che qualcuno se ne accorga».

Il programma, appetibile per il più vasto pubblico e insieme di altissima qualità musicale, era dedicato nella prima parte a Nino Rota. Il compositore milanese capì subito, quando era direttore del Conservatorio di Bari, di quanto talento fosse provvisto il giovanissimo Muti e lo sostenne. Il rapporto tra i due fu intenso e Riccardo Muti ha sempre onorato con esecuzioni e registrazioni la produzione di Rota, che considera sottovalutato «perché creava musica che la gente amava», come affermò in un’intervista, e quindi era guardato «con alterigia» da chi lo riteneva troppo facile, non impegnato.

Invece erano straordinarie la sapienza compositiva e la vena creativa del musicista che in campo cinematografico realizzò capolavori per Fellini e si guadagnò un Oscar per la colonna sonora del Padrino - Parte II: l’ha dimostrato la suite tratta dal primo e dal secondo dei film diretti da Francis Ford Coppola, in un’esecuzione di gran classe, e l’ha dimostrato anche il Concerto n. 2 per violoncello e orchestra, solista Tamás Varga, primo violoncello dei Wiener Philharmoniker, che il pubblico di Ravenna già conosce perché fu al Festival, sempre con Muti, nel 2020. Magistrale per tecnica, intonazione e tavolozza di colori strumentali, Varga ha riscosso un notevole successo personale.

Muti ha poi affrontato con energia trascinante le danze spagnole della Suite n. 2 del Cappello a tre punte di Manuel de Falla e ha concluso il concerto con una superba esecuzione del Bolero di Maurice Ravel; un brano che, procedendo per accumulo, punta il riflettore volta a volta su tutte le sezioni dell’orchestra impegnata: in questo caso, una Cherubini in forma strepitosa.

Trionfo finale, con il pubblico provato dalla temperatura estrema del palazzetto, ma visibilmente entusiasta.

Patrizia Luppi


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