Sport
Yuri Ferrigno, primo argento italiano ai Mondiali di badminton INTERVISTA
Ora sogna le Paraolimpiadi di Parigi 2024

15 novembre 2022 - Risultato storico per badminton e para-badminton italiano, grazie al 35enne ravennate Yuri Ferrigno, che ha vinto la prima medaglia d’argento ai recenti Campionati mondiali di para-badminton a Tokyo, nel doppio misto con la collega peruviana Pilar Jauregui.
Lo sport è una passione, uno stimolo, una ragione di vita, per il giovane che sta inanellando un successo dopo l’altro a livello internazionale e che ora coltiva il sogno delle Paraolimpiadi di Parigi 2024.
Ferrigno, si può dire che lei sia nato con l’amore per lo sport?
«Sì. Un po’ come tutti ho iniziato con il calcio. E non poteva essere diversamente considerando poi che mio zio Massimiliano Ferrigno ha giocato a livello professionistico nel Como».
Nel 2007, quando aveva appena 20 anni, ha dovuto affrontare la prova più dura. Può parlarne?
«Stavo andando a lavorare quando, per evitare un Ape Car, sono finito fuoristrada. Al mio risveglio, ho subito voluto sapere la nuda e cruda verità: a causa della schiena rotta in più punti, avevo perso l’uso delle gambe».
Come è riuscito a risollevarsi?
«Ci ho messo un po’ a metabolizzare la nuova realtà, ma poi mi è venuto in aiuto lo sport. Per la riabilitazione, sono stato nove mesi al Centro di Montecatone a Imola. Quando sono passato dalla fase acuta a quella post acuta, una o due volte a settimana mi portavano a esplorare la vita sportiva a livello paraolimpico. Dopo aver provato con il nuoto, il golf e il basket, alla fine mi sono appassionato al tennis, sport che aveva quella dinamicità che ricercavo».
Il suo percorso tennistico è durato quasi tre anni. Cosa l’ha poi portata a cambiare disciplina?
«La mancanza di stimoli, quando mi sono reso conto che nel tennis era tutto Open a livello internazionale. Mancando delle vere e proprie categorie, nelle competizioni si mettevano insieme atleti con problematiche diverse e conseguenti divari fisici. Per me, abituato alla sfida e all’adrenalina, non era abbastanza».
Come si è avvicinato al para-badminton?
«Sono stato contattato direttamente dal Comitato italiano paraolimpico. Mi sono molto incuriosito quando il presidente del Comitato mi ha assicurato che esisteva una suddivisione in categorie, utile per un sistema di classificazione».
Per il tennis si è allenato a Bologna, per il badminton prima all’Acqua Acetosa di Roma e ora al Badminton Club di Milano. Non era proprio possibile restare a Ravenna?
«No. All’inizio ci ho provato, chiedendo al Comune una palestra in cui allenarmi. Non avendo ricevuto risposte, grazie ad amici, per un po’ mi sono allenato al Villaggio del Fanciullo, poi ho preferito emigrare».
Non ha mai ricevuto un sostegno o un segno di riconoscimento dal Comune?
«Al momento no. Ho avuto solo un incontro tempo fa con l’ex assessore allo Sport che mi fece vedere il nuovo progetto di palestre nell’area del Pala De André, ma poi non si è concretizzato in nulla. Tante squadre che portano in giro il nome di Ravenna ricevono un piccolo contributo, perché io no? Oggi poi la mia carriera è avviata a livello internazionale e quando mi chiedono da dove vengono, rispondo sempre con orgoglio: Ravenna».
Tornando allo sport, quali sono i suoi prossimi obiettivi?
«Vorrei confermarmi per il quarto anno consecutivo campione italiano, poi da gennaio sarò impegnato con le qualificazioni per le Paraolimpiadi di Parigi 2024. Questo è il mio grande sogno come, d’altra parte, quello di qualsiasi sportivo».
Come si sta preparando?
«Con la mia allenatrice giapponese Megumi Sonoda, particolarmente severa e attenta a ogni minimo dettaglio. Grazie a lei sono molto migliorato. D’altra va detto che, per quanto riguarda il badminton, i Paesi asiatici in generale sono più avanti rispetto all’Italia perché è uno sport nazionale un po’ come da noi il calcio. Quindi il loro stile di allenamento è diverso, più aggressivo e votato alla competizione».
r.b.
Lo sport è una passione, uno stimolo, una ragione di vita, per il giovane che sta inanellando un successo dopo l’altro a livello internazionale e che ora coltiva il sogno delle Paraolimpiadi di Parigi 2024.
Ferrigno, si può dire che lei sia nato con l’amore per lo sport?
«Sì. Un po’ come tutti ho iniziato con il calcio. E non poteva essere diversamente considerando poi che mio zio Massimiliano Ferrigno ha giocato a livello professionistico nel Como».
Nel 2007, quando aveva appena 20 anni, ha dovuto affrontare la prova più dura. Può parlarne?
«Stavo andando a lavorare quando, per evitare un Ape Car, sono finito fuoristrada. Al mio risveglio, ho subito voluto sapere la nuda e cruda verità: a causa della schiena rotta in più punti, avevo perso l’uso delle gambe».
Come è riuscito a risollevarsi?
«Ci ho messo un po’ a metabolizzare la nuova realtà, ma poi mi è venuto in aiuto lo sport. Per la riabilitazione, sono stato nove mesi al Centro di Montecatone a Imola. Quando sono passato dalla fase acuta a quella post acuta, una o due volte a settimana mi portavano a esplorare la vita sportiva a livello paraolimpico. Dopo aver provato con il nuoto, il golf e il basket, alla fine mi sono appassionato al tennis, sport che aveva quella dinamicità che ricercavo».
Il suo percorso tennistico è durato quasi tre anni. Cosa l’ha poi portata a cambiare disciplina?
«La mancanza di stimoli, quando mi sono reso conto che nel tennis era tutto Open a livello internazionale. Mancando delle vere e proprie categorie, nelle competizioni si mettevano insieme atleti con problematiche diverse e conseguenti divari fisici. Per me, abituato alla sfida e all’adrenalina, non era abbastanza».
Come si è avvicinato al para-badminton?
«Sono stato contattato direttamente dal Comitato italiano paraolimpico. Mi sono molto incuriosito quando il presidente del Comitato mi ha assicurato che esisteva una suddivisione in categorie, utile per un sistema di classificazione».
Per il tennis si è allenato a Bologna, per il badminton prima all’Acqua Acetosa di Roma e ora al Badminton Club di Milano. Non era proprio possibile restare a Ravenna?
«No. All’inizio ci ho provato, chiedendo al Comune una palestra in cui allenarmi. Non avendo ricevuto risposte, grazie ad amici, per un po’ mi sono allenato al Villaggio del Fanciullo, poi ho preferito emigrare».
Non ha mai ricevuto un sostegno o un segno di riconoscimento dal Comune?
«Al momento no. Ho avuto solo un incontro tempo fa con l’ex assessore allo Sport che mi fece vedere il nuovo progetto di palestre nell’area del Pala De André, ma poi non si è concretizzato in nulla. Tante squadre che portano in giro il nome di Ravenna ricevono un piccolo contributo, perché io no? Oggi poi la mia carriera è avviata a livello internazionale e quando mi chiedono da dove vengono, rispondo sempre con orgoglio: Ravenna».
Tornando allo sport, quali sono i suoi prossimi obiettivi?
«Vorrei confermarmi per il quarto anno consecutivo campione italiano, poi da gennaio sarò impegnato con le qualificazioni per le Paraolimpiadi di Parigi 2024. Questo è il mio grande sogno come, d’altra parte, quello di qualsiasi sportivo».
Come si sta preparando?
«Con la mia allenatrice giapponese Megumi Sonoda, particolarmente severa e attenta a ogni minimo dettaglio. Grazie a lei sono molto migliorato. D’altra va detto che, per quanto riguarda il badminton, i Paesi asiatici in generale sono più avanti rispetto all’Italia perché è uno sport nazionale un po’ come da noi il calcio. Quindi il loro stile di allenamento è diverso, più aggressivo e votato alla competizione».
r.b.
© copyright la Cronaca di Ravenna
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