L'arcivescovo: "La vita prevalga sulla morte" | la CRONACA di RAVENNA

L'arcivescovo: "La vita prevalga sulla morte"

L'omelia di monsignor Lorenzo Ghizzoni per la Messa del Patrono, Sant'Apollinare

23 luglio 2022 - Sotto il cornicione della nostra Basilica Metropolitana dedicata alla Resurrezione, come lo è la Basilica madre di Gerusalemme, è riportata una frase della Sequenza pasquale: “La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello...”. Il duello è quello decisivo di Cristo che vince sulla morte, del Risorto che trasfigura il Crocifisso, pur portandone per sempre impressi nel corpo i segni, le ferite della passione. 

La morte di croce rimarrà per sempre nella persona del Cristo Risorto come il segno indelebile che il valore della vita e` quello di essere destinata a donarsi, anche di fronte a chi la rifiuta, non la comprende, la crocifigge nel corpo martoriato di Gesù, e di tutti quegli uomini e donne che lungo la storia hanno condiviso la sua sorte. La vita è un dono ricevuto, che trova la sua pienezza nel donarsi, fino in fondo.

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I duelli tra la vita e la morte

Stiamo celebrando la solennità di Sant’Apollinare, patrono e fondatore della nostra Chiesa locale e uno dei primi evangelizzatori della nostra regione. La celebriamo mentre introno a noi e anche tra noi, si stanno combattendo diversi duelli tra la vita e la morte, che ci sfidano ad assumere come cristiani un atteggiamento positivo e costruttivo, che possa influire sulla società, sulla comunità civile nella quale siamo a pieno titolo cittadini. Accogliamo l’invito di Mosè al suo popolo, nella prima lettura: “Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità” (Deut 30,20). La nostra visione cristiana della vita, della persona umana, della giustizia e della pace, della solidarietà soprattutto con i deboli e i più poveri, della tutela dei piccoli, della salvaguardia dell’ambiente creato da Dio come giardino per tutta l’umanità di oggi e di domani, … sono alcune delle grandi sfide di attualità dove ogni sconfitta porterebbe ancora più morte nella società e nella Chiesa, e ogni vittoria una crescita della vita, verso una civiltà dell’amore.

 

Contro la guerra tra fratelli

La sfida che più mi ha colpito in queste settimane è la guerra in Europa, tra due popoli europei, molto simili, che condividono le stesse tradizioni culturali e storiche e la stessa appartenenza religiosa alla Chiesa ortodossa. Il continuo bombardamento, la distruzione delle città, l’eliminazione delle persone senza riguardo a nessuno, i giovani e meno giovani mandati a morire, l’odio che si accumula ogni giorno e che genererà vedette per lunghi tempi, e con un disegno di conquista e distruzione dell’avversario generata dalla paura, dalla debolezza nascosta sotto la forza, ma anche dall’esaltazione del potere per il potere e dal mito di una grandezza tutta umana e caduca… E ci chiediamo: fino a quando Signore questi dittatori, che sono tutti “giganti dai piedi di argilla”, continueranno a opprimere i popoli, a uccidere e a mettere a rischio la vita di tutti? Illuminaci, perché noi non sappiamo trovare le vie per i cammini di pace. Cosa possiamo fare, perché la vita vinca la morte in questa e nelle altre guerre? Tu vuoi che trasformiamo “le lance in falci e le spade in aratri”, come nella visione del profeta Isaia (2,1-5), dona a tutti la forza per reagire e fermare la follia, l’odio, la vendetta, la violenza, il disprezzo dell’altro, non più riconosciuto come fratello, nemmeno se ha lo stesso sangue. Ti chiediamo con fede che tutti possiamo fare passi per ristabilire la giustizia, il rispetto della dignità e dei diritti di tutti, la riconciliazione e il perdono, infine la pace. E te lo chiediamo soprattutto per i responsabili del potere politico o economico o militare o mediatico, ma anche per i responsabili delle confessioni religiose cristiane, che per seguire Gesù dovrebbero essere disposti a morire pur di disinnescare la catena dell’odio, con la scelta della non-violenza, almeno a livello personale, come ha fatto Lui, il Signore Gesù.

 

“Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli” (Mt 18,10)

Ma dentro il prodigioso duello tra la vita e la morte, c’è anche il rispetto della integrità della persona umana in tutte le sue caratteristiche: creata “a immagine di Dio”, come dice il racconto della Genesi (1,27ss), uomo e donna, destinati ad amarsi e a vivere insieme nella fedeltà e nel dono reciproco di sé, collaboratori di Dio nel generare nuova vita umana, e nel rispettarla dal momento del suo fiorire fino alla vecchiaia, dove ancora si possono “portare frutti” (Sal 92,15), perché anche la persona morente merita non accanimento terapeutico né abbandono, ma rispetto e cura. 

Così come rispettare i piccoli e i minori e tutelarli dalle violenze, dai maltrattamenti, dalle trascuratezze affettive e educative, dagli abusi sessuali, dalla violenza assistita in casa e in ogni altro luogo, è un dovere che nasce dal rispetto per la vita altrui e dal diritto di ciascuno, anche se piccolo o fragile, di essere salvaguardato nella sua integrità fisica, sessuale, affettiva e spirituale. È un cambio culturale che ci è chiesto, perché tutti gli ambienti, le attività e soprattutto le persone che sono in mezzo ai ragazzi e ai minori, siano scelti e formati al rispetto della loro dignità. E siano vigilanti sui ragazzi e su quelli che li avvicinano. Noi responsabili della comunità cristiana e della comunità civile, educatori e genitori, religiosi e laici, dobbiamo essere alleati per creare un clima di cura e attenzione che permetta la prevenzione, per evitare che accadano abusi. Episodi drammatici che lasciano tracce mortali o sofferenze inguaribili nella psiche e nell’anima degli adolescenti e degli adulti vulnerabili. Già sono in atto misure da parte della nostra chiesa diocesana con il Servizio di tutela e il Centro di ascolto per i minori. Abbiamo iniziato una collaborazione anche con strutture e associazioni laiche della nostra città. È un cammino che deve assolutamente crescere. Anche qui si può e si deve vincere una lotta per la vita e per la sua dignità.

 

“Sei Tu che mi hai tessuto nel grembo di mia madre” (Sal 139): tutelare la vita umana dal suo inizio

Non dimentico una sfida che è tornata di attualità nel dibattito pubblico, ma lo è sempre in realtà, che è la questione dell’aborto. Per la legge italiana (194/1978), non è un diritto, ma una possibilità, per motivi molto gravi, senza conseguenze penali. La legge garantisce “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile” e riconosce “il valore sociale della maternità, e tutela la vita umana dal suo inizio” (art 1). Nella realtà l’interruzione di gravidanza è sempre una disgrazia, sia per chi la subisce, cioè per quella vita umana che stava crescendo e sia per chi la provoca. Sappiamo che le cause sono tante e anche le responsabilità, che non sono solo delle donne, e che non si può semplificare un dramma umano di questo livello. Però tutto quello che possiamo fare perché l’aborto non accada, lo dobbiamo fare, per il bene di tutti. Chiediamoci se stiamo facendo il possibile per aiutare quelle donne o quei genitori che vorrebbero avere dei figli, ma vivono delle condizioni sociali o economiche o psicologiche che li metto in grande difficoltà e li spingono verso questa scelta. La legge italiana ci chiede di intervenire positivamente per aiutarle e assicurare un minimo di futuro ai figli, e come ultima ratio permette di affidare al momento della nascita la nuova creatura a chi la vuole adottare, come incentivo a portare a termine la gravidanza. È una lotta per la vita alla quale i cristiani non possono sottrarsi, offrendo il loro aiuto concreto a chi lo chiede o a chi ne ha bisogno, per esempio con i Centri di aiuto alla vita e con i nostri Consultori, ma anche adottando una famiglia in difficoltà, accompagnandola o con azioni simili. I racconti di chi ha aiutato a salvare una vita o di chi è stato salvato in questo contesto, sono colmi di gratitudine e di gioia. 

Sostenere le famiglie giovani contro l’inverno demografico

In fondo è una lotta per la vita anche l’impegno a trovare condizioni economiche e sociali che permettano alle famiglie, soprattutto a quelle giovani, di progettare un futuro minimamente sereno. Altrimenti le insicurezze circa il lavoro o le sue condizioni di non legalità, l’incertezza circa l’abitazione, circa i servizi sociali e sanitari essenziali, scoraggiano sia i matrimoni che l’apertura alla generazione dei figli. Il calo demografico, per il quale qualche tempo fa ci fu una iniziativa pubblica nella nostra città con la partecipazione delle nostre associazioni cattoliche, senza grande frutto, si sta trasformando davvero in un “inverno” demografico. Calano anche i figli delle famiglie di immigrati, che continuiamo a trattare male, impedendo il riconoscimento della cittadinanza anche ai ragazzi che hanno frequentato le nostre scuole o che sono nati qui da noi. Un egoismo poco comprensibile con sfumature razziste e con calcoli economici interessati, ma sbagliati in ogni senso. Una società che si abitua non integrare e a non accettare le persone, prima o poi eliminerà anche altri, per altri motivi: nessuno sarà più al sicuro se anziano o debole o handicappato o indifeso… Qui credo che come Chiesa di Ravenna-Cervia possiamo e dobbiamo riprendere il dialogo con la nostra società civile, non solo con l’opera davvero importante delle Caritas diocesana in città e nelle parrocchie sul territorio, ma anche con la disponibilità a mantenere con l’aiuto della pubblica amministrazione le scuole per l’infanzia, i nidi e altre iniziative di solidarietà concrete per le famiglie bisognose, ma anche per tutte le famiglie giovani con figli, superando pregiudizi ideologici, storicamente datati.

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Ogni giorno, da cristiani e da cittadini preoccupati del bene di tutti, dobbiamo vivere nell’impegno di amare e far prevalere la vita sulla morte, in ogni nostro gesto. In una società dell’indifferenza e dell’egocentrismo dobbiamo far prevalere una socialità della cura, dell’attenzione, della prossimità, coi piccoli e con gli anziani, con i più deboli. E far prevalere il perdono sul risentimento che genera divisione, conflitto, disprezzo dell’altro. Far prevalere la coscienza della propria finitezza, contro la brama del potere e dell’affermazione di sé o del proprio gruppo o nazione, sapendo che prima o poi viene il tempo in cui si dovrà rendere contro a Dio della propria esistenza e di come si sono trattati i propri fratelli. Come nel racconto della Genesi, Dio chiederà anche a noi quello che ha chiesto a Caino: “Dov’è Abele tuo fratello?” (4,9).

Rinnoviamo perciò sull’esempio dei Santi che ci hanno preceduto in questa terra, S. Apollinare, S Pietro Crisologo, s. Guido M. Conforti, la nostra fede nel Signore Gesù, il “salvatore del mondo”, come ci ha ricordato Giovanni nella sua prima lettera: “Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio” (5,11-13).

+Lorenzo, Arcivescovo

 


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