Economia
Dalmonte: «Siccità, il Cer attiva un primo razionamento di acqua». INTERVISTA
In agricoltura irrigazione a turno. Delmonte: "Pioggia non prima di 10 giorni"
28 giugno 2022 - Sono giornate drammatiche, di ansia e grande preoccupazione per l’agricoltura a causa della siccità che ha raggiunto livelli mai visti prima. Non c’è però di che essere completamente sorpresi se si considera che le estati più calde degli ultimi due secoli si sono registrate nel 2003, 2014, 2015, 2018, 2019 e 2020, quindi di recente.
A parlare dei rischi che ‘investono’ il settore, così delle possibili soluzioni di lungo termine è Nicola Dalmonte, presidente del CER – Canale Emiliano Romagnolo, nonché presidente provinciale di Coldiretti Ravenna.
Dalmonte, secondo la Protezione Civile potrebbe piovere in queste prossime ore…
«Magari, è quello in cui tutti speriamo. Con questo caldo intenso, però, il timore è per le grandinate. In tal caso, oltre al danno, arriverebbe la beffa».
Di certo è che se non pioverà a breve, con molta probabilità ci sarà da attendere almeno una decina di giorni ancora. Troppo?
«Troppo. L’agricoltura versa in una situazione emergenziale soprattutto in prospettiva, considerando che fino a ottobre si è nel pieno della produzione tra cereali, frutta e verdura».
Il CER distribuisce acqua agricola su tutto il territorio e fino a Rimini, ed è l’unica risorsa per le campagne.
Com’è la situazione attualmente?
«Da qualche giorno il Consorzio di bonifica ha deciso un primo razionamento dell’acqua a uso agricolo, che si traduce in una sorta di turnazione, in modo da diminuire il prelievo di circa il 20%».
Il CER riceve l’acqua dal Po, ed è proprio da lì che nascono i problemi. Qual è la quota?
«La situazione viene monitorata costantemente. Il Po è andato sotto quota come non era mai accaduto primo e ora è a 2,62 metri. Per capire la drammaticità della situazione, basti ricordare che, prima di quest’anno, non era mai sceso sotto i 4 metri. Dieci giorni fa era sceso a 3,25, facendo scattare una situazione di pre-allarme. Il 18 giugno scorso, si è toccato il minimo storico, andando sotto i 2,58. Quota che, in automatico, dovrebbe far scattare il blocco alle pompe che erogano acqua».
Come mai invece le pompe non si sono fermate?
«Con coraggio, è stato deciso di abbassare eccezionalmente la quota minima, sperando di ritornare in breve tempo sopra. E così è stato, siamo stati fortunati. Ma la situazione è piuttosto precaria e speriamo che la pioggia arrivata nel Nord Italia, con il conseguente rilascio dai laghi, possa dare una mano. Ci preoccupa inoltre il fatto che le pompe non abbiano mai lavorato in queste situazioni eccezionali e con questi parametri tecnici».
Cosa succederebbe se si rendesse necessario fermare le pompe?
«La perdita totale di gran parte delle produzioni, per il semplice motivo che non c’è un piano B. Non è da escludersi poi anche un problema per l’acqua potabile perché il CER ne fornisce una parte a Romagna Acque che per il ‘grosso’ può però contare sulla Diga di Ridracoli che è in una buona situazione. Importante sarebbe l’impatto economico sul petrolchimico di Ravenna, dove hanno sede alcune delle più importanti aziende italiane, che usano l’acqua del CER per il raffreddamento e spegnimento dei macchinari».
Decisivi saranno dunque i prossimi giorni. Cosa dovrà essere fatto nel prossimo futuro?
«Dovremo cambiare approccio e adottare azioni di risparmio, nella consapevolezza che con il cambiamento climatico, la piovosità è fortemente diminuita. In compenso sono cresciuti gli eventi estremi che però non contribuiscono a portare acqua in falda. Prezioso sarà l’utilizzo di fondi comunitari e del Pnrr per costruire infrastrutture alternative sul territorio. Come Coldiretti, la nostra prima ipotesi è il cosiddetto “Piano laghetti” che prevede di realizzare appunto laghetti non solo a uso agricolo e industriale ma anche civile e ambientale, dove poter inserire impianti fotovoltaici o idroelettrici, per mettere in tranquillità alcuni territori. Anche la desalinizzazione dell’acqua del mare, con l’utilizzo delle tecnologie, può essere una soluzione».
r.b.
© copyright la Cronaca di Ravenna
A parlare dei rischi che ‘investono’ il settore, così delle possibili soluzioni di lungo termine è Nicola Dalmonte, presidente del CER – Canale Emiliano Romagnolo, nonché presidente provinciale di Coldiretti Ravenna.
Dalmonte, secondo la Protezione Civile potrebbe piovere in queste prossime ore…
«Magari, è quello in cui tutti speriamo. Con questo caldo intenso, però, il timore è per le grandinate. In tal caso, oltre al danno, arriverebbe la beffa».
Di certo è che se non pioverà a breve, con molta probabilità ci sarà da attendere almeno una decina di giorni ancora. Troppo?
«Troppo. L’agricoltura versa in una situazione emergenziale soprattutto in prospettiva, considerando che fino a ottobre si è nel pieno della produzione tra cereali, frutta e verdura».
Il CER distribuisce acqua agricola su tutto il territorio e fino a Rimini, ed è l’unica risorsa per le campagne.
Com’è la situazione attualmente?
«Da qualche giorno il Consorzio di bonifica ha deciso un primo razionamento dell’acqua a uso agricolo, che si traduce in una sorta di turnazione, in modo da diminuire il prelievo di circa il 20%».
Il CER riceve l’acqua dal Po, ed è proprio da lì che nascono i problemi. Qual è la quota?
«La situazione viene monitorata costantemente. Il Po è andato sotto quota come non era mai accaduto primo e ora è a 2,62 metri. Per capire la drammaticità della situazione, basti ricordare che, prima di quest’anno, non era mai sceso sotto i 4 metri. Dieci giorni fa era sceso a 3,25, facendo scattare una situazione di pre-allarme. Il 18 giugno scorso, si è toccato il minimo storico, andando sotto i 2,58. Quota che, in automatico, dovrebbe far scattare il blocco alle pompe che erogano acqua».
Come mai invece le pompe non si sono fermate?
«Con coraggio, è stato deciso di abbassare eccezionalmente la quota minima, sperando di ritornare in breve tempo sopra. E così è stato, siamo stati fortunati. Ma la situazione è piuttosto precaria e speriamo che la pioggia arrivata nel Nord Italia, con il conseguente rilascio dai laghi, possa dare una mano. Ci preoccupa inoltre il fatto che le pompe non abbiano mai lavorato in queste situazioni eccezionali e con questi parametri tecnici».
Cosa succederebbe se si rendesse necessario fermare le pompe?
«La perdita totale di gran parte delle produzioni, per il semplice motivo che non c’è un piano B. Non è da escludersi poi anche un problema per l’acqua potabile perché il CER ne fornisce una parte a Romagna Acque che per il ‘grosso’ può però contare sulla Diga di Ridracoli che è in una buona situazione. Importante sarebbe l’impatto economico sul petrolchimico di Ravenna, dove hanno sede alcune delle più importanti aziende italiane, che usano l’acqua del CER per il raffreddamento e spegnimento dei macchinari».
Decisivi saranno dunque i prossimi giorni. Cosa dovrà essere fatto nel prossimo futuro?
«Dovremo cambiare approccio e adottare azioni di risparmio, nella consapevolezza che con il cambiamento climatico, la piovosità è fortemente diminuita. In compenso sono cresciuti gli eventi estremi che però non contribuiscono a portare acqua in falda. Prezioso sarà l’utilizzo di fondi comunitari e del Pnrr per costruire infrastrutture alternative sul territorio. Come Coldiretti, la nostra prima ipotesi è il cosiddetto “Piano laghetti” che prevede di realizzare appunto laghetti non solo a uso agricolo e industriale ma anche civile e ambientale, dove poter inserire impianti fotovoltaici o idroelettrici, per mettere in tranquillità alcuni territori. Anche la desalinizzazione dell’acqua del mare, con l’utilizzo delle tecnologie, può essere una soluzione».
r.b.
© copyright la Cronaca di Ravenna