Il Po allo stremo, l'agricoltura senz'acqua teme per le seconde coltivazioni | la CRONACA di RAVENNA

Il Po allo stremo, l'agricoltura senz'acqua teme per le seconde coltivazioni

Anche il distretto industriale di via Baiona risente della crisi idrica

25 giugno 2022 - Il livello del Po è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso che a Ferragosto di un anno fa con la siccità che colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le coltivazioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, in un momento in cui è necessario garantire la piena produzione con la guerra in Ucraina. E’ quanto emerge dall’ultimo monitoraggio della Coldiretti sulla preoccupante situazione del fiume al Ponte della Becca (Pavia) nel momento in cui si aggrava la sete dei campi per l’ultima ondata di caldo in Italia con temperature previste oltre i 40 gradi.

Alla situazione del Po guarda con preoccupazione il territorio ravennate. Buona parte della risorsa utilizzata durante l’estate proviene infatti dai due potabilizzatori situati nei pressi della città, il NIP1 delle Bassette e il recente NIP2 della Standiana.
Quest’ultimo, in particolare, riceve acqua dal Po tramite il CER, Canale Emilia-Romagnolo: il cui utilizzo primario riguarda però l’agricoltura. Proprio la situazione siccitosa del Po (ben evidenziata dalla cabina di regia regionale) rischia di portare, nei prossimi giorni, ad una sostanziale chiusura dell’impianto ferrarese del Palantone, che fornisce l’acqua dal Po al CER: in quel caso, anche l’impianto della Standiana non riceverebbe più acqua.

In considerazione della probabile emanazione dello stato di emergenza idrica regionale, si confida che si possa continuare a prelevare in sicurezza la risorsa necessaria dal CER – attraverso il Po - per alimentare i due principali impianti di potabilizzazione dell’area ravennate; in caso contrario, sarà necessario riequilibrare diversamente le fonti di approvvigionamento del territorio ravennate.

In prefettura si è svolta ieri pomeriggio una riunione dove è stato anche fatto il punto sui livelli idrici necessari per garantire interventi in caso di emergenza nel distretto chimico di via Baiona. La situazione è di preallarme.
Molto preoccupati gli agricoltori che chiedono di sapere se nelle prossime settimane potranno disporre di acqua per irrigare le cosiddette seconde coltivazioni per le quali i terreni si predispongono in questi giorni. Parliamo di fagiolini, piselli, fagioli e spinaci destinati soprattutto a Orogel e Fruttagel. Un'entrata fondamentale per migliaia di aziende.

Il più grande fiume italiano è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume fondamentale per l’ecosistema della pianura padana dove per la mancanza di acqua – precisa la Coldiretti – è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo.

La situazione di carenza idrica riguarda anche i grandi laghi del Nord con il Maggiore che ha appena il 19,5% di riempimento dell’invaso e in quello di Como va ancora peggio con il 17,6% mentre nelle zone a valle serve l’acqua per irrigare le coltivazioni. Una emergenza nazionale che - sottolinea la Coldiretti - riguarda coltivazioni ed allevamenti travolti da una catastrofe climatica che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003 che ha decimato le produzioni agricole nazionali.

A soffrire il caldo sono anche gli animali nelle fattorie dove le mucche con le alte temperature stanno producendo per lo stress fino al 10% di latte in meno. L’assenza di precipitazioni che in certe zone ha tagliato di 1/3 le rese – precisa la Coldiretti – colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo.



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