Ravenna Festival: si riparte con Riccardo Muti e la Trilogia. INTERVISTA a Franco Masotti | la CRONACA di RAVENNA

Ravenna Festival: si riparte con Riccardo Muti e la Trilogia. INTERVISTA a Franco Masotti

Il condirettore artistico parla della ripresa dell’attività con musica, danza e teatro e del ritorno del Pala De André a luogo di spettacolo

31 agosto 2021 - Nella prima metà di settembre il Ravenna Festival riprende l’attività con tre appuntamenti di rilievo: il primo spettacolo della Trilogia d’autunno, “Dante Metànoia”, di cui il danzatore e coreografo Sergei Polunin è autore e protagonista, che va in scena nei primi cinque giorni del mese al Teatro Alighieri, e due concerti diretti da Riccardo Muti, il 2 al Palazzo Mauro De André e il 12 ai Giardini Pubblici.

Seguiranno dall’1 al 3 ottobre “Faust Rapsodia”, una nuova produzione che unisce testi di Goethe e musiche di Schumann nell’adattamento drammaturgico e musicale di Luca Micheletti e Antonio Greco; infine, a conclusione della Trilogia, dall’11 al 13 “Paradiso XXXIII” di e con Elio Germano, con le musiche di Teho Teardo e la regia di Simone Ferrari e Lulu Helbaek.

Per il settecentenario dantesco, il Festival ha quindi promosso la creazione di novità nel campo non solo della musica, ma anche della danza e del teatro: una conferma di quella vocazione multidisciplinare che dagli inizi lo contraddistingue. Il condirettore artistico Franco Masotti ne ha parlato con noi.


Franco Masotti, questa ripresa dell’attività avviene a breve distanza dal Festival di quest’estate, durato due mesi. Che risposta ha avuto da parte del pubblico?
“Sì, ricominciamo poco dopo avere terminato un Festival molto esteso e molto denso. Abbiamo avuto l'incoscienza, in uno dei peggiori periodi della nostra storia recente, di fare il programma più lungo in oltre trent’anni. Forse per quella forma di testardaggine che contraddistingue i romagnoli. Ma abbiamo avuto continuamente spettacoli in tutto esaurito ed era tutt'altro che scontato, anche tenendo conto delle capienze ridotte.
A parte la bontà o meno della programmazione, di cui non sta a me parlare, credo sia dipeso dal fatto che la nostra è un’impostazione multidisciplinare che intercetta pubblici molto diversi, dal teatro alla danza alla musica, anzi alle musiche, dalla barocca al rap. È una formula che permette a tante persone di avvicinarsi al Festival e di non annoiarsi, magari, in una rassegna monografica lunga due mesi”.

La stessa impostazione si ritrova anche nella Trilogia di quest’anno.
“È così. In questa edizione ci sono danza, musica e teatro, e ancora teatro e musica, non teatro musicale ma proprio l'abbinamento di pezzi di teatro con pezzi di musica.
‘Dante Metànoia’ di e con Sergei Polunin è una rilettura della Divina Commedia che coincide con un processo di identificazione. Lo spettacolo è diviso in tre quadri affidati a tre coreografi diversi, con musicisti dal vivo.
‘Faust Rapsodia’ è una selezione di brani dalle ‘Scene del Faust’ di Schumann alternati a parti del ‘Faust’ e dell’‘Urfaust’ di Goethe. L’adattamento è stato affidato a due artisti che il pubblico di Ravenna già ben conosce: Luca Micheletti, che cura anche la regia, e Antonio Greco, che dirigerà l’Orchestra e il Coro Luigi Cherubini.
‘Paradiso XXXIII’, sull'ultimo canto della Divina Commedia, nasce dalla collaborazione di Elio Germano con il compositore Teho Teardo. Nello spettacolo è molto importante anche la musica, non solo il testo. È prevista una parte teatrale, di allestimento, che sicuramente sarà molto immaginifica, perché la realizzeranno i registi Simone Ferrari e Lulu Helbaek che vengono dall’esperienza del Cirque du Soleil”.

Ci saranno inoltre i due concerti diretti da Riccardo Muti, di cui il primo si terrà al Palazzo Mauro De André.
“Da hub per le vaccinazioni, il Pala De André viene restituito alla sua destinazione naturale, divisa equamente tra sport, musica e spettacolo; anche questo è un bel segnale, simbolico da molti punti di vista.
Il concerto di Muti con l’Orchestra Cherubini del 2 recupera quello che era stato rimandato a luglio e prevede un programma tutto schubertiano. Quello del 12 settembre avrebbe dovuto chiudere le grandi celebrazioni dantesche per il settimo centenario, invece a causa del Covid le celebrazioni, che sono state molto limitate dalla pandemia, proseguiranno nel corso del prossimo anno.
Nondimeno, il significato del concerto è innegabile e vede anche il completamento di un progetto importante del Festival, la commissione a tre compositori di diversa nazionalità, l’italiano Giovanni Sollima, l’armeno Tigran Mansurian e l’ucraino Valentin Silvestrov, di tre lavori sui tre canti della Commedia.
La prima assoluta del ‘Purgatorio’ di Mansurian è stata eccezionalmente anticipata nel viaggio a Erevan delle Vie dell’Amicizia, ma la prima esecuzione italiana avverrà il 12, insieme con il grande affresco della ‘Dante-Symphonie’ di Liszt e con le ‘Laudi alla Vergine Maria’ di Verdi, anch’esse di ispirazione dantesca. Mansurian, tra l’altro, ha voluto rendere omaggio al suo collega italiano dandogli un ruolo importante: Giovanni Sollima per l’occasione sarà il primo violoncello della Cherubini con una parte di notevole impegno solistico, anche se non concertante. Il concerto si terrà presso quel luogo di eleganza quasi paradisiaca che è la Loggetta Lombardesca”.

Con quale spirito voi del Festival affrontate questa ripresa dell’attività?

“Con relativa preoccupazione. Siamo sicuri come tutti che se ne verrà a capo, però c'è sempre l'impressione che il mondo dello spettacolo paghi uno scotto un po’ eccessivo rispetto ad altre situazioni. Finora si è dimostrato l'ambito più disciplinato e più obbediente, e continuerà sicuramente a esserlo; però, almeno secondo la mia impressione, subiamo un eccesso di prudenza, anche perché i teatri continuano probabilmente a essere tra i luoghi più sicuri.
A preoccupare è soprattutto il fatto che c’è una generazione di giovani che non hanno neanche avuto il loro battesimo, non hanno mai avuto modo di entrare in un teatro o in un cinema e magari corrono il rischio di ignorarne l'esistenza in futuro.
Il pubblico affezionato e più regolare, nel frattempo, diventa sempre più anziano e magari impaurito proprio dal Covid. Questo provoca un corto circuito al quale in qualche modo bisogna trovare una soluzione. Noi lo facciamo, ovviamente, garantendo la continuità del Festival e andando avanti”.

Patrizia Luppi


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