LA SCOMPARSA DI MICHA/ "Nei Campi Elisi sta già scoprendo talenti fra gli angeli" | la CRONACA di RAVENNA

LA SCOMPARSA DI MICHA/ "Nei Campi Elisi sta già scoprendo talenti fra gli angeli"

Cristina Muti ricorda il maestro Micha van Hoecke, scomparso ieri. È stato un protagonista di Ravenna Festival

08 agosto 2021 - Grande il dolore di chi l’ha conosciuto personalmente e amato, come Cristina Muti, che ha scritto un breve e commosso testo: “Nei Campi Elisi sta già scoprendo talenti fra gli angeli… Micha, il pellegrino d'arte e d'amore, dopo aver abbracciato la sorella Marina amatissima, si è già messo al lavoro! Si danza, lassù, si recita, si canta, si suona…
Mi dice Miki, la sua meravigliosa sposa, che negli ultimi tre giorni lui ha guardato fisso altrove. Ripercorreva sicuramente una vita di artista collegata ai modi più disparati di fare dell'arte una missione, preparava la pagella per presentarsi al Creatore in regola con i talenti ricevuti e moltiplicati.

Micha, mio Maestro ispiratore, fratello... tienimi il posto lì vicino a te dove tu sia perché ricominceremo insieme come se nulla fosse e senza confini.
La ricchezza per le emozioni che ci ha donato rimarrà per sempre in noi, così come la gratitudine immensa verso un uomo che ha saputo migliorarci. Grazie, Micha”.

Era un grande della danza, celebre in tutto il mondo, ma credeva nell’incontro e nella fusione delle arti: danza, musica, canto, recitazione uniti per creare un’opera di teatro totale. D’altronde Micha van Hoecke, nato a Bruxelles il 22 luglio 1944 e scomparso ieri, 7 agosto, a Massa dopo qualche mese di malattia, aveva una personalità poliedrica: era stato lui stesso attore di teatro e di cinema e si era cimentato con il canto, prima di entrare a partire dal 1960 nelle compagnie di due tra i maggiori protagonisti della danza del Novecento, Roland Petit e poi Maurice Béjart.

Anche le sue origini famigliari gli avevano fatto conoscere e apprezzare discipline diverse; il padre, belga, era pittore e la madre, russa, una cantante, mentre tra gli zii aveva dei danzatori. Era cresciuto così in un ambiente in cui l’arte imperava e nel quale aveva colto gli influssi sia della cultura francese e belga sia di quella russa.

L’ingresso nel Ballet du XXème Siècle, la compagnia di Béjart, fu un punto di svolta: diventato il braccio destro del coreografo francese, fu da lui chiamato nel 1979 a dirigere il centro di formazione Mudra creato a Bruxelles, una scuola fuori del comune dove gli artisti si specializzavano nella danza, ma anche nella recitazione, nel canto, nella musica. Del tutto in linea, quindi, con la concezione di van Hoecke, che nello stesso periodo firmava uno dei suoi più importanti lavori per il cinema, le coreografie per “Boléro” di Claude Lelouch del 1981.

Nello stesso anno, i migliori elementi di Mudra furono raccolti da Micha van Hoecke nell’Ensemble che portava il suo nome, una “unione di razze e di culture” che raccolse numerosi successi sulle scene internazionali; ne faceva parte la giapponese Miki Matsuse, che divenne sua moglie.
Come coreografo, van Hoecke non si dedicò solo al suo Ensemble, ma continuò a collaborare intensamente con le maggiori istituzioni teatrali e con tante stelle della danza, tra cui Carla Fracci, Luciana Savignano, Alessandra Ferri, oltre che con registi come Luca Ronconi, Liliana Cavani e Roberto De Simone; tra i direttori d’orchestra, Riccardo Muti fu quello con il quale instaurò il rapporto più forte e fecondo, in particolare con opere prescelte per inagurare la stagione del Teatro alla Scala, come “Iphigénie en Aulide” di Gluck nel 2002 e “Moïse et Pharaon” di Rossini l’anno successivo.

Ma già dal 1990, dalla nascita del Ravenna Festival, il felice incontro di Micha van Hoecke con Cristina Mazzavillani Muti aveva portato alla realizzazione di spettacoli indimenticabili, a partire da “La Muette de Portici” di Auber di cui nel 1991 firmò le coreografie e anche la sua prima regia d’opera. In un’intervista a Rossella Battisti, van Hoecke disse del Festival: “Ha saputo creare una dimensione del vivere in una comunità dove la cultura ha un ruolo essenziale. Ha dato al pubblico la sensazione di ricevere un privilegio. Così la città si è arricchita di memorie non solo di quello che è successo socialmente o politicamente”.

La sua apertura si rivelava anche nella scelta delle musiche e dei temi dei suoi spettacoli: classica e opera, ma anche i Pink Floyd o la taranta. Numerosissime le creazioni originali che realizzò per la rassegna ravennate; le elenca la motivazione del Premio Ravenna Festival che gli fu assegnato nel 2016: “Personalità artistica fra le più significative della scena internazionale, protagonista assieme a Maurice Béjart di una favolosa stagione che ha segnato la storia della danza moderna, ha legato indissolubilmente il suo nome a quello di Ravenna Festival fin dalla prima edizione, divenendone artista di riferimento costante così come è avvenuto con Riccardo Muti.

Percorso da un insopprimibile istinto creativo unicamente asservito al senso del bello e a una percezione gioiosa e spirituale della vita, concepisce la danza come linguaggio totale di straordinaria musicalità e forza poetica, pervaso da un autentico sentimento del mistero e del sacro. Le venticinque creazioni originali realizzate per Ravenna Festival ne hanno scandito indelebilmente il percorso come vere pietre miliari; accanto a ‘titoli icone’ di innumerevoli edizioni, da ‘Adieu à l'Italie’ a ‘Odissea blu’, da ‘Maria Callas’ a ‘Pélerinage’, da ‘Dante Symphony’ a ‘Baccanti’, spiccano coreografie e regie d'opere liriche come ‘La Muette de Portici’, ‘Pagliacci’, ‘Carmen’, ‘Faust’ e ‘Macbeth’.

Maestro vero, sempre disponibile e aperto nei confronti dei giovani, ha contribuito alla crescita della cultura della danza fra le giovani generazioni preservando la sua stessa giovinezza, con lo spirito eterno di un viandante errante, pronto a nuove avventure e nuovi inizi. Grazie, Micha, per aver cosi tanto amato Ravenna”.
Micha van Hoecke, persona di grande dolcezza, amava Ravenna, amava il Festival e amava l’Italia.

Si era trasferito da più di trent’anni a Castiglioncello, la bella località sul mare in provincia di Livorno, e nell’ultima parte della sua carriera anche le sue scelte professionali l’hanno portato a collaborare stabilmente con teatri italiani: il Massimo di Palermo, di cui nel 1999 è stato nominato direttore del ballo e coreografo principale, e il Teatro dell'Opera di Roma di cui è stato direttore del corpo di ballo tra il 2010 e il 2014. In Italia ha infine concluso la sua esistenza terrena, lasciando un grande capitale artistico che arricchirà anche le generazioni future.

Patrizia Luppi



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