Politica
Biocarburanti da soia e olio di palma, va confermato al 2023 lo stop ai sussidi
Il deputato Alberto Pagani ritiri la proposta di emendamento che lo dirotta al 2030. Lo chiede Legambiente: "Scelta incomprensibile, se non motivata da interessi economici”
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16 dicembre 2020 - La discussione sui sussidi ai biocarburanti nemici delle foreste interesserà la Camera nei prossimi giorni per la definizione della legge delega, in quanto recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili. Un iter che dovrà poi vedere lo stesso Governo prendere delle posizioni chiare senza rischiare rimbalzi che potrebbero far slittare pericolosamente l’obiettivo di rimozione dei sussidi. Un ritardo che lederebbe al positivo slancio da parte del Senato, che invece ha accolto l’anticipazione dello stop ai sussidi.
La riforma in discussione riguarderà la regolamentazione dei biocarburanti ad alto e basso rischio ILUC (Indirect land use change), che provocano cioè un cambiamento indiretto dell’uso del suolo, come l’olio di palma e l’olio di soia sottraendolo quindi alle nostre tavole.
Vista la necessità di dare un taglio ai sussidi per le “finte rinnovabili”, è inspiegabile la posizione del deputato PD Alberto Pagani che, secondo Legambiente, è probabile difenda degli interessi economici locali.
“Non ci vuole molto a dare una lettura di questa scelta politica, non a caso della politica ravennate che continua a portare avanti istanze nemiche del clima e spesso a supporto delle attività estrattive” – commenta Legambiente. Nel polo industriale ravennate, in particolare nella località marittima di Porto Corsini è presente la Noavol del gruppo Bunge, una delle principali bioraffinerie di oli vegetali destinati sia all’industria alimentare ma anche a quella per la produzione di biocarburanti. Impianto che fu oltretutto contestato dalla comunità locale nel 2016 per problemi legati ad emissioni odorigene e su cui intervenne anche la procura”.
Si tratta di un impianto che lavora circa 200 mila t/anno di oli ricevendo quindi ingenti sussidi.
“Ci appelliamo allora al deputato Pagani, in primis per ricevere spiegazioni puntuali sulla motivazione dell’emendamento e inoltre, per sottolineargli l’impatto che la produzione di queste materie prime esercitano sui territori di produzione. Un impatto ecologico per la conseguente deforestazione quindi sul clima ed importanti impatti sociali sulle popolazioni indigene“.
Infine Legambiente rimanda all’urgente necessità di abbandonare politiche industriali più vicine al greenwashing che alla vera riconversione green, come è stato per il caso di ENIDiesel+ ma che ancora alcune aziende, come Hera, cavalcano come soluzioni ambientalmente migliorative.
“Se vogliamo puntare sui biocarburanti è necessario alimentare filiere di recupero di oli esausti puntando su Economia Circolare ed efficienza ed inserendo colture dedicate in pianificazioni centrate a valorizzare ambienti agricoli marginali, altrimenti poco produttivi” - conclude.
© copyright la Cronaca di Ravenna
La riforma in discussione riguarderà la regolamentazione dei biocarburanti ad alto e basso rischio ILUC (Indirect land use change), che provocano cioè un cambiamento indiretto dell’uso del suolo, come l’olio di palma e l’olio di soia sottraendolo quindi alle nostre tavole.
Vista la necessità di dare un taglio ai sussidi per le “finte rinnovabili”, è inspiegabile la posizione del deputato PD Alberto Pagani che, secondo Legambiente, è probabile difenda degli interessi economici locali.
“Non ci vuole molto a dare una lettura di questa scelta politica, non a caso della politica ravennate che continua a portare avanti istanze nemiche del clima e spesso a supporto delle attività estrattive” – commenta Legambiente. Nel polo industriale ravennate, in particolare nella località marittima di Porto Corsini è presente la Noavol del gruppo Bunge, una delle principali bioraffinerie di oli vegetali destinati sia all’industria alimentare ma anche a quella per la produzione di biocarburanti. Impianto che fu oltretutto contestato dalla comunità locale nel 2016 per problemi legati ad emissioni odorigene e su cui intervenne anche la procura”.
Si tratta di un impianto che lavora circa 200 mila t/anno di oli ricevendo quindi ingenti sussidi.
“Ci appelliamo allora al deputato Pagani, in primis per ricevere spiegazioni puntuali sulla motivazione dell’emendamento e inoltre, per sottolineargli l’impatto che la produzione di queste materie prime esercitano sui territori di produzione. Un impatto ecologico per la conseguente deforestazione quindi sul clima ed importanti impatti sociali sulle popolazioni indigene“.
Infine Legambiente rimanda all’urgente necessità di abbandonare politiche industriali più vicine al greenwashing che alla vera riconversione green, come è stato per il caso di ENIDiesel+ ma che ancora alcune aziende, come Hera, cavalcano come soluzioni ambientalmente migliorative.
“Se vogliamo puntare sui biocarburanti è necessario alimentare filiere di recupero di oli esausti puntando su Economia Circolare ed efficienza ed inserendo colture dedicate in pianificazioni centrate a valorizzare ambienti agricoli marginali, altrimenti poco produttivi” - conclude.
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