Vacchi (Cgil): «Saremo l’unico luogo al mondo col rigassificatore a mare posizionato sopra giacimenti di gas non utilizzati» | la CRONACA di RAVENNA

Vacchi (Cgil): «Saremo l’unico luogo al mondo col rigassificatore a mare posizionato sopra giacimenti di gas non utilizzati»

Il sindacato rivendica il coinvolgimento dei lavoratori: «Vanno tenute insieme la sostenibilità ambientale e quella sociale. Senza l’una non esiste nemmeno l'altra». Settimana densa di eventi sul rigassificatore, oggi il Consiglio comunale vota

18 ottobre 2022 - Si è chiusa una settimana molto interessante sul piano della politica energetica e oggi, martedì 18 ottobre, in consiglio comunale si vota il progetto Snam per il rigassificatore al largo della costa ravennate. Martedì scorso, 11 ottobre, attenzione focalizzata sulla sua presentazione al Palazzo dei Congressi di Largo Firenze promossa dall’amministrazione comunale. Il progetto ha già ottenuto il benestare del comando regionale dei Vigili del fuoco e di Arpae.

Vi è, poi, una petizione che ha raccolto un migliaio di firme a Punta Marina, che suggerisce di spostare l’impianto a 20-25 km al largo rispetto agli 8,5 km del progetto ma i tecnici spiegano che anche in caso di incidente (ipotesi remota) non si avrebbero ripercussioni sulla località. Altra preoccupazione: il cloro che finisce in mare dopo il processo di lavorazione del Gnl. Il quantitativo, spiegano sempre i tecnici, è pari a quello che viene messo nell’acqua per renderla potabile e si annulla in brevissimo tempo.

Archiviata la seduta pubblica al Palazzo del Congressi, venerdì scorso, 14 ottobre, si è riunita la commissione comunale. Gli apprezzamenti e le critiche sono rimasti gli stessi, ma con una novità politica: c’è un ampio schieramento a favore del rigassificatore e del progetto attuale che ha già subito modifiche, come il caso dei 90 ettari di bosco che faranno da cuscinetto tra Punta Marina e la centrale di depressurizzazione del gas che nascerà nei pressi di via dell’Idrovora.

Una maggioranza trasversale che sostiene il rigassificatore e che chiede la ripresa della produzione nazionale di gas in Adriatico. Unica voce contraria quella del M5s, che fa parte però della maggioranza del governo locale e ha un assessore: critica a fondo il progetto di Snam e non ne vuole sapere di nuove ricerche di giacimenti di gas.

E veniamo alla settimana che si è appena aperta.

Ieri, lunedì 17, in un'affollata sala Buzzi in via Berlinguer confronto tra Antonio Lazzari, da sempre attento al mercato delle energie rinnovabili ed esperto in strategie per l’innovazione ambientale, e l’ing. Tullia Zucca, una dei maggiori esperti a livello italiano di impianti di produzione di idrogeno, con esperienza a livello internazionale in tema di rischio inquinamento ambientale e autrice di numerosi interventi e lavori in ambito energetico su tutto il territorio nazionale.
Moderatori i consiglieri comunali di Viva Ravenna, Nicola Grandi e Filippo Donati, che commenta: «È stata l'unica manifestazione organizzata, a oggi, senza tifoserie. Se c'è stato un vincitore? Si, i cittadini che hanno partecipato e Viva Ravenna per avere organizzato una serata su questo argomento».

Sempre ieri sera, assemblea pubblica al circolo Pd di Punta Marina con il sindaco Michele de Pascale e il segretario comunale del partito Lorenzo Margotti. Oltre ai loro interventi, quelli del segretario del circolo Roberto Corbara, dell'assessora Federica Del Conte e della presidente del Consiglio territoriale del mare Licia Suprani. Assemblea partecipata, con domande a cui il sindaco ha risposto fino a mezzanotte.

Tutti incontri in vista del confronto decisivo di oggi in Consiglio comunale dove verrà messo ai voti il progetto Snam. Il risultato verrà inviato al commissario straordinario per il rigassificatore a Ravenna, ovvero il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. Successivamente si riunirà nuovamente la conferenza dei servizi, che comprende 63 enti, dopodiché il commissario comunicherà al Governo il risultato dell’iter, che attualmente sembra ampiamente per il via libera al rigassificatore.

Nel momento in cui si discute di rigassificatore e di ripresa della produzione nazionale di gas, sempre la scorsa settimana (mercoledì 12 ottobre, nella sala gremita del Mercato Coperto in piazza Costa) la Cgil ha rilanciato il dibattito sulla Ccus: cattura, riutilizzo, stoccaggio della Co2. Si tratta di un processo molto applicato in tanti Paesi industrializzati, per eliminare anidride carbonica, colpevole anche lei dei cambiamenti climatici. A confrontarsi sul palco, il sindaco Michele de Pascale, Mario Tozzi primo ricercatore Cnr e divulgatore scientifico, Filippo Brandolini vicepresidente di Utilitalia,  Diego Marazza del dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali Unibo, Tecnopolo di Ravenna e Sergio Persoglia già segretario generale CO2GeoNet, i segretari generale della Filctem Cgil nazionale e ravennate, Marco Falcinelli e Alessio Vacchi.

La Filctem Cgil di Ravenna ha espresso chiaramente di essere favorevole e ha ricordato la firma del protocollo d’intesa tra sette industrie energivore del territorio per un progetto comune di cattura della Ccus, con Eni e Snam nelle vesti di collaboratori tecnici.

Di seguito la sintesi dell’intervento di Alessio Vacchi.

«Abbiamo organizzato questo incontro innanzitutto perché sosteniamo la giusta transizione ecologica/energetica e per favorirla abbiamo pensato di dare un contributo mettendo a disposizione della cittadinanza esperti, scienziati, istituzioni, università, rappresentanti del mondo del lavoro.
Poi perché a Ravenna esiste un distretto energetico che è un’eccellenza mondiale, negli anni colpevolmente e progressivamente smantellato da governi di vari colori, in nome di una presunta sicurezza ambientale che ha ottenuto però semplicemente la sostituzione del nostro gas con un altro gas importato o via tubo o via nave. E spesso da paesi non democratici e non rispettosi dei diritti umani, dei lavoratori e tanto meno dell’ambiente».

«Arrivando al paradosso - ha affermato - che per rispondere a un’emergenza, saremo l’unico luogo al mondo con un rigassificatore a mare posizionato sopra giacimenti di gas non utilizzati. Questo, a mio avviso, è un esempio significativo di ingiusta transizione, in quanto non risponde a nessun criterio di miglioramento della sostenibilità: sia sociale, che economica, che ambientale».

Vacchi è passato, quindi, a elencare le molte preoccupazioni che meritano  risposte: il cambiamento climatico che si manifesta con eventi meteorologici violenti, che non si possono più considerare eccezionali e il cui costo in vite umane è insopportabile;  la  diffidenza rispetto a tecnologie che non si conoscono o si conoscono poco, "sono sicure? Sono affidabili? Servono? Costano?".
E ancora, il caro energia che sta impattando fortemente su tutte le attività produttive. Alcune aziende hanno rallentato la produzione, altre le hanno fermate nonostante siano piene di ordinativi. Nei migliori dei casi i lavoratori di quelle aziende sono o andranno in cassa integrazione e quindi avranno un salario ridotto.

Queste preoccupazioni le hanno anche lavoratori e cittadini che a loro volta si vedono aumentare le bollette a livelli insostenibili e che rischiano fortemente di dover scegliere se mangiare o scaldarsi.
La più grande preoccupazione oggi è  la guerra che amplifica la crisi energetica, economica e ambientale e non sappiamo se, quando e come finirà».

«Dare risposte a questi dubbi/preoccupazioni fa tutta la differenza del mondo rispetto al tipo di transizione che realizzeremo: se le persone si sentiranno coinvolte, saranno parte attiva e la vivranno come un opportunita’  allora realizzeremo la giusta transizione.
Viceversa se le persone non sono coinvolte – hanno paura di essere tagliate fuori – di perdere il lavoro – che i costi siano insostenibili, faranno resistenza».

«Bisogna accelerare sulle nuove tecnologie (eolico, solare, idroelettrico, geotermico, idrogeno, biocarburanti, con l’ambizione di produrre in Italia e non importare tutto da altri paesi) e favorire le comunità energetiche oltre che l’efficienza e il risparmio energetico. Ma non basta. Non esiste un interruttore per passare dalle fossili alle rinnovabili».
«Per cui dobbiamo trovare soluzioni anche per le attività fortemente energivore, definite hard to abate, come l’acciaio, la chimica, la ceramica, la carta, il vetro, il cemento e le fonderie la cui complessità non consente un passaggio veloce alle rinnovabili e dove è molto più difficile abbattere le emissioni, investendo anche in tecnologie della transizione (come per esempio può essere la ccs o ccus).
Sono realtà complesse, rappresentano settori strategici per il nostro paese, vi sono comprese eccellenze a livello mondiale che danno lavoro  e producono ricchezza, dobbiamo infatti ricordare che la nostra manifattura è la seconda in Europa».

«Queste attività hanno spesso al proprio interno le competenze, le professionalità, la cultura e le risorse per essere protagoniste della transizione ecologica ed energetica. Ma per poterci riuscire devono restare vive e hanno bisogno di tempo e di tecnologie a supporto.
Fermo restando, ovviamente, l’obiettivo di ridurre progressivamente,  l’utilizzo delle fonti fossili, pensiamo sia necessario intervenire per ridurre l’impronta carbonica anche di questi settori produttivi».

«Non ci rassegniamo all’idea che fino a quando non avremo trovato una soluzione definitiva, l’unica possibilità sia rilasciare la Co2 in atmosfera, vogliamo capire se la Ccus può darci quel contributo per tenere in equilibrio, in questa fase, la sostenibilità ambientale e quella sociale/economica.
L’alternativa è fermare tutte le attività che producono CO2. Ma questo significa determinare una grave crisi economica e sociale».

E allora Vacchi è tornato a spiegare perché un dibattito a Ravenna e perché promosso dal sindacato.
«Perché a Ravenna un gruppo di aziende ha siglato un'intesa per contribuire alla decarbonizzazione attraverso la cattura della co2; per la conformazione del nostro distretto industriale, ricco di grandi aziende  hard to abate, aziende collocate in un area ben definita,  adiacente al porto, in cui producono multinazionali della chimica, centrali termoelettriche, un cementificio e un importante stabilimento metallurgico; per la vicinanza di questi siti industriali ai pozzi esauriti di gas metano; per l’elevata disponibilità di competenze, di esperienze e di alte professionalità che hanno fatto del  nostro distretto oil & gas un'eccellenza a livello mondiale; per la presenza di un distretto chimico, il primo e unico in Italia certificato Emas, il cui contributo, insieme a quello del nuovo distretto energetico, sarà necessario e fondamentale per realizzare la transizione; perché siamo stati capaci di  garantire standard di sicurezza e ambientali tra i più alti in Italia e in Europa e nel mondo anche grazie all’impegno e al lavoro quotidiano, dei nostri delegati alla sicurezza salute e ambiente; perché se la ccs o la ccus la fanno in altri paesi in Europa, a Ravenna abbiamo lavoratori, competenze e aziende che la possono fare altrettanto bene e anche meglio; perché fin da subito abbiamo rivendicato il coinvolgimento dei lavoratori e ci è molto chiaro che dobbiamo tenere insieme la sostenibilità ambientale e quella sociale per perseguire l’obiettivo della giusta transizione. Senza l’una non esiste nemmeno l’altra».

Nelle immagini: il convegno Filctem Cgil al Mercato Coperto, le assemblee pubbliche di Viva Ravenna alla Sala Buzzi e del Circolo Pd a Punta Marina

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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