Economia
Iniziata la trebbiatura, 'tengono' grano e orzo
Coldiretti: “Ma sulle spalle delle aziende pesa rincaro generale delle spese di produzione”
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16 giugno 2022 - Sostanziale tenuta per la produzione di grano duro e orzo in provincia quest’anno nonostante la perdurante siccità. È quanto emergerebbe dalle stime Coldiretti in questa prima settimana di trebbiatura.
Sembrano soddisfacenti le rese qualitative sia per l'orzo che per il frumento, con il rapporto quintale/ettaro allineato alle stime dell’anno precedente (80q/e per il grano duro, 70q/e per l'orzo), mentre la qualità, con particolare riferimento al peso specifico, è elevata. Tuttavia, pesa e non poco sulle spalle dei coltivatori il rincaro generale legato alle spese di produzione per via dell'impennata subita da concimi (+ 170%) e gasolio (+129%), con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea.
“In un caso su quattro – afferma Coldiretti Ravenna - i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L’impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo”.
Un trend negativo che aumenta la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia è diventata deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci e il 62% del grano duro per la pasta.
L’Emilia Romagna, con 203mila ettari (circa 58mila tra le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) è la terza regione d’Italia per estensione delle coltivazioni cerealicole. All’interno del contesto cerealicolo romagnolo, la provincia di Ravenna si conferma il bacino più importante per estensione, con circa 33mila ettari, 13mila circa coltivati a frumento tenero, mentre per il duro ci attestiamo sui 9mila.
La propensione al risparmio dei consumatori, generata dalla criticità della situazione attuale, in ogni caso, non sembra intaccare l’attenzione verso la qualità di ciò che si porta a tavola con il 70% degli italiani che non intende rinunciare al prodotto 100% italiano anche per sostenere l’economia e l’occupazione nel proprio Paese.
“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo locale e nazionale – afferma il Presidente di Coldiretti Ravenna, Nicola Dalmonte - mentre a livello comunitario servono più coraggio e risorse per migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi. Occorrono – conclude - investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.?
© copyright la Cronaca di Ravenna
Sembrano soddisfacenti le rese qualitative sia per l'orzo che per il frumento, con il rapporto quintale/ettaro allineato alle stime dell’anno precedente (80q/e per il grano duro, 70q/e per l'orzo), mentre la qualità, con particolare riferimento al peso specifico, è elevata. Tuttavia, pesa e non poco sulle spalle dei coltivatori il rincaro generale legato alle spese di produzione per via dell'impennata subita da concimi (+ 170%) e gasolio (+129%), con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea.
“In un caso su quattro – afferma Coldiretti Ravenna - i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L’impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo”.
Un trend negativo che aumenta la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia è diventata deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci e il 62% del grano duro per la pasta.
L’Emilia Romagna, con 203mila ettari (circa 58mila tra le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) è la terza regione d’Italia per estensione delle coltivazioni cerealicole. All’interno del contesto cerealicolo romagnolo, la provincia di Ravenna si conferma il bacino più importante per estensione, con circa 33mila ettari, 13mila circa coltivati a frumento tenero, mentre per il duro ci attestiamo sui 9mila.
La propensione al risparmio dei consumatori, generata dalla criticità della situazione attuale, in ogni caso, non sembra intaccare l’attenzione verso la qualità di ciò che si porta a tavola con il 70% degli italiani che non intende rinunciare al prodotto 100% italiano anche per sostenere l’economia e l’occupazione nel proprio Paese.
“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo locale e nazionale – afferma il Presidente di Coldiretti Ravenna, Nicola Dalmonte - mentre a livello comunitario servono più coraggio e risorse per migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi. Occorrono – conclude - investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.?
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