Coldiretti, i prodotti nel mirino di Putin. Crisi alimentare per gli animali | la CRONACA di RAVENNA

Coldiretti, i prodotti nel mirino di Putin. Crisi alimentare per gli animali

Tagli fino al al 10% alle razioni di cibo a mucche, maiali e polli. La decisione degli allevamenti – dichiara la Coldiretti - sta provocando effetti sulle forniture alimentari con riduzioni della produzione di latte, carne e uova

10 marzo 2022 - L’alimentare è nel mirino delle ritorsioni di Putin come già accaduto nel 2014 con l’embargo a una ampia lista di prodotti in risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa e altri Paesi per l’annessione della Crimea. È l’allarme della Coldiretti in riferimento al decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin come reazione "rapida" e "ponderata" alle ultime sanzioni UE per l’invasione dell’Ucraina che “sarà avvertita” spiega Mosca nelle aree più "sensibili per coloro a cui si rivolge" con una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import, di prodotti finiti e materie prime.

In pericolo per l’Italia ci sono le vendite degli elementi base della dieta mediterranea come vino, pasta e olio in Russia, che sono scampati all’embargo, e hanno raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat.
Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il Made in Italy a tavola dai mercati e dai ristoranti di Mosca – denuncia la Coldiretti - aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin nel 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa e altri Paesi per l’annessione della Crimea.

Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo. Il Decreto tuttora in vigore colpisce – sottolinea la Coldiretti – una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. L’agroalimentare – spiega la Coldiretti – è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti Made in Italy presenti nella lista nera come salumi, formaggi e ortofrutta Made in Italy, senza risparmiare le specialità, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele.

Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge – continua la Coldiretti – la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina.
Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. Il danno – conclude la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari Made in Italy originali.

Coldiretti sottolinea anche che la guerra in Ucraina taglia fino al 10% le razioni di cibo a mucche, maiali e polli negli allevamenti italiani che si trovano a fronteggiare la peggiore crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale a causa dell’esplosione dei costi dei mangimi e del blocco alle esportazioni di mais dall’Ucraina ed anche dall’Ungheria, con una decisione unilaterale di Budapest che compromette il mercato unico europeo e mina le fondamenta stesse dell’Unione Europea.

Le fattorie italiane sono costrette a lavorare in perdita per riuscire a nutrire i propri animali per effetto della carenza di materie prime che ha costretto ai primi razionamenti anche i supermercati con Unicoop Firenze dove si è deciso di mettere un tetto per chi compra olio di semi di girasole, farina e zucchero.

La decisione degli allevamenti – dichiara la Coldiretti - sta provocando effetti sulle forniture alimentari con riduzioni della produzione di latte, carne e uova in un’Italia che è già pesantemente deficitaria in tutti i settori dell’allevamento e produce appena il 51% della carne bovina, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.

Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, è a rischio un allevamento tricolore su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato dal Paese di Orban e dall’Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale. Dall’Ungheria sono arrivati in Italia ben 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021 mentre altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina per un totale di 2,25 miliardi di chili che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell’Italia che dipende dall’estero per oltre la metà (53%) del proprio fabbisogno, secondo le analisi della Coldiretti.

L’Italia è costretta a importare materie prime agricole a causa – sottolinea Coldiretti - dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti.

“Siamo di fronte a una nuova fase della crisi, dopo l’impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l’alimentazione del bestiame” avverte il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che “da salvare ci sono tra l’altro 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini e oltre 6 milioni di pecore, oltre a centinaia di milioni di polli e tacchini”.

L’aumento delle quotazioni dei cereali, ai massimi da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che – evidenzia Coldiretti - devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Ad esempio – continua Coldiretti - il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.


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