Economia
La Confesercenti: "E' in atto un lockdown strisciante"
Se l'ultimo Dpcm viene prorogato oltre il 13 novembre "sarà un disastro"
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20 ottobre 2020 - A fine agosto un sondaggio svolto da Confesercenti della provincia di Ravenna, rilevava un calo del fatturato delle aziende di commercio, turismo e servizi del 69%, con il 50% delle imprese che aveva ridotto il personale. Si equivalevano le valutazione su un possibile nuovo lockdown: il 45% lo riteneva possibile, il 55% no.
A un mese e mezzo da quel sondaggio, la Confesercenti si trova a commentare questi dati con una preoccupazione molto grande: “E’ in atto un nuovo lockdown strisciante che parte dall’idea che sia la nostra categoria quella che diffonde il virus. Basta colpevolizzarci. Si guardino i trasporti. Avete idea di cos’è un autobus pieno all’80%?”. A dirlo è Mauro Tagiuri, rappresentante ravennate della Confesercenti.
Monica Ciarapica, presidente provinciale Confesercenti, Chiara Venturi rappresentante di Faenza, e Graziano Gozi, direttore generale dell’organizzazione, la pensano allo stesso modo e lanciano un appello: “Il Dpcm di domenica con gli orari di chiusura dei locali scade il 13 novembre. Fate in modo che non venga prorogato, altrimenti per noi è la fine”. La Confesercenti apprezza il lavoro delle amministrazioni comunali ravennati, ma teme Roma.
I risultati del sondaggio di fine agosto stimano che, nonostante le riaperture a partire da maggio, il bilancio delle imprese dei primi sei mesi è fortemente negativo, in quanto il calo medio dei consumi è di quasi 1.900 euro procapite.
Sempre secondo la Confesercenti il calo della spesa è dovuto soprattutto allo stop delle attività durante la fase acuta della pandemia, ma anche alla prudenza delle famiglie nel periodo di ripartenza, che in questa fase privilegiano il risparmio, ed infatti la quota di risparmio è aumentata sensibilmente a scapito della quota destinata ai consumi che invece cala sensibilmente. Ma c’è dell’altro perché quasi la metà del campione ha dichiarato di aver ridotto il personale anche a causa del fatto che il 69% ha visti diminuire il fatturato.
Lo scenario che si rappresenta è quello di un profondo cambiamento nel settore dei pubblici esercizi e di una categoria che “sta affrontando questi cambiamenti con misure concrete ed immediate, quali l’aumento della vendita per asporto, la consegna a domicilio e l’aumento degli orari di apertura”. La tanta auspicata ripresa dei consumi appare ancora lontana e la ripresa è stata a macchia di leopardo, con tipologie di attività e zone che continuano ad essere in stagnazione, mentre altri hanno saputo interpretare meglio i cambiamenti veloci che vi sono stati.
Il fenomeno della movida non è certo nuovo, “ma dopo il lockdown ha ritrovato slancio e in molte città i pubblici esercizi sono diventati i luoghi dello svago e del divertimento serale in un ottica di rigenerazione urbana e di nuove modalità di fruizione degli spazi esterni, spesso in una nuova rinnovata collaborazione con i comuni, nel tentativo di ridare luce alle città, uscite svuotate dal periodo di chiusura delle attività. Le misure che in questi mesi sono state adottate sia a livello nazionale che a livello locale hanno certamente portato benefici, ma sono stati aiuti di breve durata che hanno permesso di affrontare lo stato d’emergenza, “ma adesso servirebbero più misure di lunga durata con sgravi di tributi duraturi, permessi permanenti per occupazioni di suolo pubblico non dettate dall’emergenze ma come soluzioni che danno sicurezza sanitaria agli utenti, piani di promozione per singole tipologie e singole zone”. Prevedere le dinamiche nei prossimi mesi è davvero difficile, ma emerge sempre piu’ chiaramente che molte imprese, dopo aver realizzato le azioni che hanno permesso di affrontare l’emergenza, sono alla finestra in attesa degli eventi e molte aziende, quelle finanziariamente più deboli, sono a rischio di chiusura.
“Dobbiamo prepararci a tempi lunghi e incerti, per molte imprese del settore e il ritorno alla normalità non sarà veloce e neanche certo” conclude la Confesercenti.
© copyright la Cronaca di Ravenna
A un mese e mezzo da quel sondaggio, la Confesercenti si trova a commentare questi dati con una preoccupazione molto grande: “E’ in atto un nuovo lockdown strisciante che parte dall’idea che sia la nostra categoria quella che diffonde il virus. Basta colpevolizzarci. Si guardino i trasporti. Avete idea di cos’è un autobus pieno all’80%?”. A dirlo è Mauro Tagiuri, rappresentante ravennate della Confesercenti.
Monica Ciarapica, presidente provinciale Confesercenti, Chiara Venturi rappresentante di Faenza, e Graziano Gozi, direttore generale dell’organizzazione, la pensano allo stesso modo e lanciano un appello: “Il Dpcm di domenica con gli orari di chiusura dei locali scade il 13 novembre. Fate in modo che non venga prorogato, altrimenti per noi è la fine”. La Confesercenti apprezza il lavoro delle amministrazioni comunali ravennati, ma teme Roma.
I risultati del sondaggio di fine agosto stimano che, nonostante le riaperture a partire da maggio, il bilancio delle imprese dei primi sei mesi è fortemente negativo, in quanto il calo medio dei consumi è di quasi 1.900 euro procapite.
Sempre secondo la Confesercenti il calo della spesa è dovuto soprattutto allo stop delle attività durante la fase acuta della pandemia, ma anche alla prudenza delle famiglie nel periodo di ripartenza, che in questa fase privilegiano il risparmio, ed infatti la quota di risparmio è aumentata sensibilmente a scapito della quota destinata ai consumi che invece cala sensibilmente. Ma c’è dell’altro perché quasi la metà del campione ha dichiarato di aver ridotto il personale anche a causa del fatto che il 69% ha visti diminuire il fatturato.
Lo scenario che si rappresenta è quello di un profondo cambiamento nel settore dei pubblici esercizi e di una categoria che “sta affrontando questi cambiamenti con misure concrete ed immediate, quali l’aumento della vendita per asporto, la consegna a domicilio e l’aumento degli orari di apertura”. La tanta auspicata ripresa dei consumi appare ancora lontana e la ripresa è stata a macchia di leopardo, con tipologie di attività e zone che continuano ad essere in stagnazione, mentre altri hanno saputo interpretare meglio i cambiamenti veloci che vi sono stati.
Il fenomeno della movida non è certo nuovo, “ma dopo il lockdown ha ritrovato slancio e in molte città i pubblici esercizi sono diventati i luoghi dello svago e del divertimento serale in un ottica di rigenerazione urbana e di nuove modalità di fruizione degli spazi esterni, spesso in una nuova rinnovata collaborazione con i comuni, nel tentativo di ridare luce alle città, uscite svuotate dal periodo di chiusura delle attività. Le misure che in questi mesi sono state adottate sia a livello nazionale che a livello locale hanno certamente portato benefici, ma sono stati aiuti di breve durata che hanno permesso di affrontare lo stato d’emergenza, “ma adesso servirebbero più misure di lunga durata con sgravi di tributi duraturi, permessi permanenti per occupazioni di suolo pubblico non dettate dall’emergenze ma come soluzioni che danno sicurezza sanitaria agli utenti, piani di promozione per singole tipologie e singole zone”. Prevedere le dinamiche nei prossimi mesi è davvero difficile, ma emerge sempre piu’ chiaramente che molte imprese, dopo aver realizzato le azioni che hanno permesso di affrontare l’emergenza, sono alla finestra in attesa degli eventi e molte aziende, quelle finanziariamente più deboli, sono a rischio di chiusura.
“Dobbiamo prepararci a tempi lunghi e incerti, per molte imprese del settore e il ritorno alla normalità non sarà veloce e neanche certo” conclude la Confesercenti.
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