Il mare entra nel Po per 30 km. Coldiretti: «A rischio il 30% del cibo made in Italy» | la CRONACA di RAVENNA

Il mare entra nel Po per 30 km. Coldiretti: «A rischio il 30% del cibo made in Italy»

Numeri devastanti: -45% per mais e foraggi, -20% per il latte nelle stalle, -30% per il frumento duro per la pasta nelle regioni del sud, -1/5 di frumento tenero, -1/3 di riso, -15% di frutta, -20% di cozze e vongole, assalti di insetti e cavallette

30 giugno 2022 - La siccità con il mare che entra nel Po facendo avanzare nelle aree interne il cuneo salino minaccia il 30% dell’agroalimentare Made in Italy prodotto nel bacino della Pianura Padana e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in relazione all’ultima ondata di caldo e siccità che stringe d’assedio l’Italia con 19 città da bollino rosso e il mare avanzato nel Delta del Po per una lunghezza record di 30 chilometri.

Siamo di fronte – spiega la Coldiretti – a un impatto devastante sulle produzioni nazionali che fanno segnare cali del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, meno 20% per il latte nelle stalle con le mucche stressate dal caldo afoso, meno 30% per il frumento duro per la pasta nelle regioni del sud che – sottolinea la Coldiretti - sono il granaio d’Italia, cali per oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, crolla di 1/3 la produzione di riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti - si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette che solo in Sardegna hanno già devastato quasi 40mila ettari di campi.

E tutto in un momento in cui – sottolinea la Coldiretti - l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. Si tratta – afferma la Coldiretti – di una situazione di assoluta emergenza che riguarda la natura, le popolazioni e le produzioni agricole messe a dura prova da una siccità che non si registrava da tempo che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003.
Uno scenario drammatico in un 2022 – continua la Coldiretti – è segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate nonostante le ultime piogge e grandinate in alcune zone del nord che non hanno risolto la situazione ma, per violenza e intensità, hanno invece fatto salire il conto dei danni ormai pari a 3 miliardi di euro.

Nonostante una risalita dei livelli di appena 30 centimetri al Ponte della Becca (Pavia) il Po è praticamente irriconoscibile – evidenzia Coldiretti - con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, mentre i grandi laghi del nord che servono come riserve di acqua per le popolazioni e l’agricoltura sono ancora ai minimi, con il Maggiore pieno solo al 26% e quello di Como sceso a poco più dell’11% con una tendenza al calo dei livelli che riguarda anche il Garda che resiste a poco più del 54% di riempimento.
La conseguenza è che più di ¼ del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione e siccità con la tendenza all’innalzamento della colonnina di mercurio che è ormai strutturale in Italia dove – precisa la Coldiretti – la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine il 2018, il 2020, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003.

“La situazione di fiumi e laghi, l’aumento delle temperature e l’impatto della siccità sulle produzioni agricole nazionali dimostra l’esigenza di accelerare sulla realizzazione di un piano per i bacini di accumulo, poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro le riserve idriche necessarie al nostro Paese” afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia recupera solo l’11% dell’acqua piovana ma con un sistema nazionale di invasi potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno”.


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