Esame di maturità. "I ragazzi di quest'anno sono veramente sfortunati". INTERVISTA ad Andrea Baravelli | la CRONACA di RAVENNA

Esame di maturità. "I ragazzi di quest'anno sono veramente sfortunati". INTERVISTA ad Andrea Baravelli

Già hanno fatto metà dell’anno con un sistema di emergenza come le video lezioni, che è veramente alienante, e che gli ha fatto perdere molto. Con un esame in queste condizioni, perdono ancora di più

13 maggio 2020 -

Due anni fa, fra le tracce da commentare nel tema di esame, i maturandi di tutta Italia trovarono anche una frase dal saggio “Il nemico e la propaganda”: opera dello storico ravennate Andrea Baravelli, professore associato di Storia contemporanea all’Università di Ferrara.

Da allora ad oggi, l’esame di maturità sembra essere passato per due ere geologiche: dopo le modifiche attuate già nella scorsa stagione scolastica, il Coronavirus ha ulteriormente “ristretto” la prova.
Gli esaminandi, fra poche settimane, si troveranno di fronte una commissione composta dai soli professori interni, per un esame esclusivamente orale. Viste le necessità di sicurezza, evidentemente, era difficile ipotizzare qualcosa di diverso.
Ma cosa ne pensa Baravelli, fresco reduce da un mese di insegnamento e ricerca alla prestigiosa Sciences Po, l’Istituto di studi politici di Parigi?

Niente più tracce, all’esame. Gli studenti dovranno esserne felici?

No: io credo che i ragazzi che devono sostenere la maturità quest’anno siano, al contrario, veramente sfortunati. Già hanno fatto metà dell’anno con un sistema di emergenza come le video lezioni, che è veramente alienante, e che gli ha fatto perdere molto. Con un esame in queste condizioni, perdono ancora di più.

Spiegati meglio…

L’esame di maturità, nella nostra cultura, è uno dei pochi riti di passaggio rimasti. Antropologicamente, è una perdita forte: rende più difficile la definizione dell’identità di una persona. Per loro è un guaio: lo è per gli studenti bravi, per i quali si riduce di molto la soddisfazione morale di andare bene. Ma lo è anche per i più scarsi: che non hanno più quella situazione di “paura” che prima di un esame li rende simili anche ai bravi, ed è quindi un elemento di enorme integrazione psicologica e sociale. Temo che lo sconteranno, insomma. La loro carriera di studenti ne viene colpita in maniera forse irreversibile.  

Parlavi prima delle video lezioni. Per quale motivo le hai definite alienanti?

Perché sono la cosa più aliena al concetto di istruzione che ci possa essere: soprattutto per i ragazzi più piccoli, o per quelli con diversità o con difficoltà maggiori. La video lezione impedisce il contatto col docente, quindi toglie sensibilità a entrambi; ne risente la concentrazione – perché molto del successo di una lezione passa sempre dalla capacità del docente di creare un contatto fisico, e questo oggi è impossibile – e manca il passaggio di emotività (non quello di competenza), che è la cosa che lega uno studente a un professore, e crea l’interesse. Certo, si tratta di emergenza, e non si può fare altrimenti: ma si perde davvero molto.

Quindi chi propone di continuare a fare lezioni da remoto anche a emergenza finita va fuori strada?
Totalmente. Al massimo, la didattica on line più essere uno strumento aggiuntivo a quella frontale: ma solo se è fatta molto bene, e se è garantita una reale possibilità a tutti di collegarsi in maniera soddisfacente a livello informatico. In più, temo una sorta di mistificazione criminale, e lo dico anche per l’Università: il rischio cioè è che una modalità attuata con la giustificazione dell’emergenza si possa trasformare in un modo banale per fare economia, perché ovviamente la didattica on line costa molto meno di quella frontale tradizionale. Questo mi fa paura.

Torniamo all’esame. L’assenza del tema scritto è penalizzante?
Faccio una considerazione più ad ampio raggio. Anno dopo anno, anche dal mio osservatorio universitario, noto una crescente difficoltà degli studenti a scrivere: non so se dipenda anche dalla mancata abitudine a cimentarsi con i temi, ma la costruzione dell’argomentazione è molto più scarsa. E lo dico basandomi sugli studenti di una facoltà umanistica: figuriamoci i ragazzi che si iscrivono alle altre…


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