Adinolfi e De Carli (Popolo della Famiglia) sulla vicenda della bimba ucraina: «L’utero in affitto è una pratica criminale» | la CRONACA di RAVENNA

Adinolfi e De Carli (Popolo della Famiglia) sulla vicenda della bimba ucraina: «L’utero in affitto è una pratica criminale»

Sul nome di elezione negli abbonamenti bus, replica a Start Romagna: «Verificheremo se c’è una violazione della privacy e se saranno usati o meno soldi pubblici»

14 novembre 2021 - Mario Adinolfi e Mirko De Carli, rispettivamente presidente e consigliere nazionale del Popolo della Famiglia, commentano la vicenda della bambina commissionata tramite utero in affitto e poi abbandonata in Ucraina: «Tanti si chiedono come sia possibile che questa bimba sia stata abbandonata ‘come una cosa inutile’. La risposta la ripeto da militante del Popolo della Famiglia e la scrivo nei miei libri da anni: è la procedura in sé dell’utero in affitto a reificare la persona umana. E se la persona diventa cosa, oggetto di transazione finanziaria, la cosa quando viene a noia si può abbandonare. Se è imperfetta si può gettare via.
Nella storia dell’umanità c’è una sola equiparazione possibile: gli schiavi erano persone considerate cose. Questi campioni della modernità e del progressismo vogliono riportarci ai tempi della schiavitù, quando i ricchi potevano servirsi di persone trasformate in cose per i loro bisogni. L’utero in affitto è un abominio criminale di stampo schiavista. Chi a sinistra lo sostiene o addirittura se ne serve (come Nichi Vendola, Tiziano Ferro e la comunità Lgbt) dovrebbe solo vergognarsi e non farlo sapere in giro. Serve un no deciso della sinistra a questa pratica abominevole, cui si è contigui se si approvano le registrazioni anagrafiche dei ‘figli di due papà’ che solo da utero in affitto possono avere origine».

Sul nome di elezione negli abbonamenti bus per le persone trans, De Carli commenta così la replica di Start Romagna: «La risposta di Start Romagna invece di chiarire le vistose perplessità sollevate ne allarga decisamente la ragionevolezza. Abbiamo posto questioni molto precise alle quali abbiamo ottenuto risposte nebulose e cerchiobottiste.
La nostra domanda era ben circostanziata: se il documento con cui si fa l’accertamento identifica Paolo come sarà possibile punire Paola senza discriminare la scelta transessuale? Risposta di Start Romagna: “tale procedura, che è applicabile nell’intertempo che intercorre tra la presentazione della domanda di cambio di generalità all’autorità competente e l’ottenimento del nuovo documento…”.
Ora dunque si parla di un lasso di tempo preciso e definito di cui, in prima istanza, non si era mai nemmeno fatto cenno.
Quindi Start Romagna chiederà di presentare anche il documento ufficiale della richiesta di cambio di sesso della persona in causa? E allora, in questo caso, non ci sarà una violazione della privacy secondo la logica paradossale su cui pone fondamento questa assurda iniziativa? Diventa ora decisamente interessante chiedere all’Autorità Garante della Privacy cosa pensa in merito. Per quando riguarda poi se saranno usati o meno soldi pubblici lo constateremo nel prossimo bilancio di Start Romagna e ne renderemo certamente edotti i cittadini.
Il Popolo della Famiglia sarà vigile affinché tutte queste idiozie ideologiche non trovino cittadinanza a spese (e danno) delle tasche e dei diritti delle famiglie e ci batteremo fino in fondo per sospendere questo abbonamento agli autobus a tinte arcobaleno».


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