Alessandra Bagnara: "Linea Rosa, trent'anni di aiuti a donne e minori vittime di violenza". INTERVISTA | la CRONACA di RAVENNA

Alessandra Bagnara: "Linea Rosa, trent'anni di aiuti a donne e minori vittime di violenza". INTERVISTA

La presidente del Centro fa il punto sull’attività e richiama la necessità di "alzare l’asticella della prevenzione perché si distinguano prima la violenza fisica e quella psicologica che fa sentire le donne prive di qualunque qualità"

08 marzo 2021 - Denunciare e rivolgersi a un centro antiviolenza, con la certezza di essere ascoltate. A Ravenna, Cervia e Russi il punto di riferimento è Linea Rosa. Una media di 400 richieste all’anno, 5 case rifugio (3 a Ravenna e 2 a Cervia) dove possono essere ospitate le donne con i propri figli per evitare le violenze ed epiloghi drammatici. Un’attività di accoglienza giornaliera (dal lunedì alla domenica) e quando il Centro è chiuso viene attivato un telefono di reperibilità che le forze dell’ordine e il pronto soccorso possono utilizzare in qualsiasi momento, perché le donne potrebbero avere bisogno di un supporto immediato e di essere ospitate.
C’è poi un numero verde nazionale h24 che le donne possono chiamare giorno e notte, il 1522, multilingue, per essere messe in contatto con il centro antiviolenza più vicino.

Linea Rosa svolge molteplici attività, anche e soprattutto di prevenzione nelle scuole, di informazione e sensibilizzazione ad assistenti sociali e operatori di Polizia, perché quello della violenza è un tema che richiede una conoscenza approfondita e particolare.
Nato nel 1991, quest’anno il Centro celebra i trent’anni di attività. Nutrito il calendario di iniziative organizzate direttamente, nonostante la pandemia, oltre a quelle in collaborazione con vari enti e associazioni cittadine per festeggiare l’8 marzo.
Inevitabile fare il punto della situazione in questi giorni di festa e guardare il rovescio della medaglia, dove l’elenco delle vittime si allunga a ritmi esponenziali.
Storie di donne che denunciano e chiedono supporto in modi diversi, come le telefonate alla Polizia ordinando una pizza, frase in codice che significa “ho bisogno di aiuto”.

“Nei corsi di formazione che ho tenuto alle forze di Polizia – racconta Alessandra Bagnara, presidente di Linea Rosa – ho sempre cercato di spiegare che le donne a volte non hanno la percezione del rischio che stanno correndo, come quando, ad esempio, accettano di andare all’ultimo appuntamento.
Il 90% delle donne viene ucciso in ambito familiare o affettivo, uccise dal partner che sia il marito, un convivente, un fidanzato.
Ma ancora prima degli atti irreparabili, ci sono segnali non colti che è necessario saper leggere. “Quando le forze di Polizia intervengono per una lite familiare – spiega Bagnara - è necessario valutare cosa sta succedendo in quella casa e se ci sono situazioni di possibile pericolo che la stessa vittima può sottovalutare. Cioè bisogna sapere riconoscere quando si tratta di una lite domestica come atto di possesso maschile e patriarcale, quindi capire se la donna ha paura, o di una lite tra conviventi in cui mettere pace”.

Ci si chiede come mai le donne impiegano tanto a denunciare le violenze, ma va considerata la cosiddetta bilancia dei pro e contro a cui la donna si trova davanti quando decide di farlo. “I contro da affrontare sono pesanti – aggiunge Bagnara -. L’abbandono della propria casa per trasferirsi in una casa rifugio portando con sé nulla, si andrà poi con la Polizia a recuperare gli oggetti personali, doversi nascondere, cosa che implica che i figli debbano cambiare scuola e non frequentare più i loro luoghi abituali e gli amici, i problemi economici, la condanna sociale, l’essere giudicata incapace di tenere unita la famiglia, o addirittura di esserselo cercata. Per questo le donne arrivano a Linea Rosa quando le violenze sono molto ravvicinate nel tempo, due o tre volte la settimana, e non gliela fanno più”.

Andrebbe dunque alzata l’asticella della prevenzione “aiutandole a distinguere prima le forme di violenza, quella fisica e quella psicologica, che le fa sentire prive di qualunque qualità, di non valere niente, di non essere una brava donna, una brava moglie, una brava mamma”, afferma Bagnara.
Per raggiungere questo obbiettivo Linea Rosa con la sua attività mette in sinergia tutte le figure che entrano in campo quando le donne subiscono una violenza, come testimonia il video “La rete può” in cui 22 protagoniste/i della rete di aiuto lanciano un messaggio alle donne.

Le forze di Polizia, la famiglia, la sanità sono supporti importanti ma non bastano, "un problema serio - sottolinea Bagnara - è riuscire a superare la condanna sociale di cui la donna è spesso vittima. Ma ci sono anche le sentenze sessiste, con uomini che si difendono parlando di raptus e gelosia come giustificazione per quello che hanno fatto. Nonostante il Codice rosso approvato nel 2019 abbia inasprito le pene nei casi di violenza domestica e di genere".

Anche su questo tema Linea Rosa è attiva da molto tempo e ha organizzato per martedì 23 marzo dalle 15 alle 17 un evento formativo on line in collaborazione con la Fondazione forense ravennate per avvocate e avvocati della provincia di Ravenna.
Sarà presente in collegamento il giudice Fabio Roia, presidente di sezione al Tribunale di Milano. Roia si è occupato a lungo dei reati contro soggetti deboli, in particolare abusi, maltrattamenti e violenze sulle donne. Oltre a essere stato relatore in decine di convegni in tutta Italia, ha anche scritto il libro "Crimini contro le donne. Politiche, leggi, buone pratiche". Da qualche anno siede al tavolo permanente sugli “interventi di prevenzione, contrasto e sostegno a favore di donne vittima di violenza” istituito dalla Regione Lombardia.
MVV

(nella foto: a sinistra, Alessandra Bagnara in occasione della firma con la Cgil del protocollo sull'assistenza alle donne lavoratrici vittime di violenza; a destra, il giudice Fabio Roia)


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