Circoli Arci nel buio del Covid. Cappelli: "Siamo chiusi da ottobre, le entrate sono ferme ma le spese si accumulano" | la CRONACA di RAVENNA

Circoli Arci nel buio del Covid. Cappelli: "Siamo chiusi da ottobre, le entrate sono ferme ma le spese si accumulano"

In provincia sono 96 e rappresentano un patrimonio. Conseguenze economiche, ma anche sociali: in molti paesi sono l'unico luogo di aggregazione.

12 febbraio 2021 - Il Covid ha messo in ginocchio decine di categorie economiche, ma anche molte realtà sociali. Fra queste, un triste ruolo da protagonisti lo interpretano i circoli ricreativi: chiusi da fine ottobre - almeno in Emilia-Romagna – e impossibilitati anche in questi giorni nuovamente “gialli” non solo ad aprire, ma anche semplicemente a svolgere servizi da bar.
L’Arci è, almeno da queste parti, l’associazione che raggruppa storicamente il maggior numero di circoli. In provincia di Ravenna sono esattamente 96, e più della metà hanno anche una sede fisica: molte sono sale di ritrovo dove consumare, giocare, incontrarsi; alcune sono veri e propri locali da spettacolo, poliedrici e ormai celebri, come il Teatro Socjale di Piangipane che celebra i cent’anni di vita con i battenti desolatamente chiusi.
A Roberta Cappelli, ex presidente dell’Arci provinciale e ancor oggi membro del comitato di presidenza, abbiamo chiesto qual è lo stato attuale della situazione e quali le prospettive.


Roberta, si vede la luce in fondo al tunnel?
Per ora no, ahimè. La situazione è drammatica, i circoli sono tutti chiusi da tre mesi e mezzo: e anche se stiamo facendo tutte le richieste possibili – in collaborazione con il Forum per il Terzo Settore – non si vedono spiragli, neanche per la semplice attività di somministrazione.
Nelle settimane passate sono stati presentati due diversi emendamenti sul tema tramite vari parlamentari, ma entrambi sono stati respinti dalla Commissione Bilancio del Parlamento. Adesso ne è stato presentato un terzo per farci riaprire, ma chissà… Del resto, la stessa Regione da sola non avrebbe potuto allargare le maglie rispetto a quanto stabilito a livello governativo, ma solo restringere il campo di interventi: anche da quel punto di vista lì, insomma, non si ci può fare nulla.

Ma almeno sono arrivati contributi, o sgravi di qualche tipo?
Sì, abbiamo goduto dei crediti di imposta per la prima parte dell’anno scorso (il trimestre marzo-giugno). Invece non è ancora chiaro quel che può succedere per il trimestre finale dell’anno: stiamo in attesa di ristori, il Governo ha stanziato circa 70 milioni per i circoli in generale, ma chissà in questa situazione che tempi ci saranno… Il problema è che non siamo certo i primi della lista!

Nel frattempo, le attività soffrono...
Quando abbiamo provato a spingere sul Parlamento perché permettesse l’apertura della somministrazione in questa fase emergenziale, lo abbiamo fatto per permettere ai circoli di avere le risorse per pagare almeno le bollette. E’ vero che nella maggior parte dei casi i proprietari degli immobili stanno capendo la situazione, ma non possiamo andare avanti all’infinito. E ci sono anche situazioni occupazionali critiche, sia in alcune singole realtà che per noi nella struttura centrale, perché senza i soldi dei Circoli anche l’Arci fa fatica. L’associazionismo di solito si autofinanzia, non ha sovvenzioni dall’ente pubblico, come invece accade almeno in parte per il volontariato. Eppure, se devo dire la verità, il problema maggiore non è quello economico, ma proprio quello sociale…

In che senso?
In un territorio come il ravennate, che ha decine e decine di piccole frazioni, spesso i circoli sono gli unici luoghi rimasti per la socializzazione. Le stesse forze dell’ordine ci dicono che, con i circoli chiusi, in alcuni paesi non c’è più niente di aperto. E’ un patrimonio relazionale enorme che rischia di perdersi. Magari non è lo stesso in tutte le parti d’Italia, ma qui da noi è davvero così. Ci sono circoli in cui l’attività è prevalentemente invernale, come ad esempio il Teatro Socjale di Piangipane, che in questa stagione non ha proprio aperto i battenti…

Quindi, l’orizzonte è plumbeo?
Per ora, sì. Però sono anche sicura di una cosa: quando si riaprirà, ci sarà ancora più bisogno dei circoli, perché il Covid ha portato con sé un crescente ritorno al territorio, a vivere vicino a casa. Una dinamica all’interno della quale i circoli serviranno sempre di più. E il nomadismo culturale potrà essere ridotto, facendo cose più vicino a dove si abita. Speriamo che possa succedere presto…


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