Muti, Cacciari e Haydn per ricordare Mario Salvagiani | la CRONACA di RAVENNA

Muti, Cacciari e Haydn per ricordare Mario Salvagiani

Scomparso un anno fa, a lungo protagonista della vita teatrale e musicale ravennate, è stato commemorato con una targa e con l’esecuzione delle Sette parole di Cristo, oggetto di un libro del direttore d’orchestra e del filosofo veneziano

13 dicembre 2020 - Luogo migliore del Teatro Alighieri non ci poteva essere per celebrare la memoria di Mario Salvagiani, di cui ricorre in questi giorni il primo anniversario della scomparsa, avvenuta l’11 dicembre 2019. Dell’Alighieri, Salvagiani propugnò e ottenne la riapertura nel 1967 e poi lo diresse per molti anni facendone la sua casa; l’ha ricordato oggi commosso durante la cerimonia Antonio De Rosa, sovrintendente del Ravenna Festival e della Fondazione Ravenna Manifestazioni, altre due realtà sortite dalla mente illuminata e creativa di questo grande protagonista della vita culturale ravennate e fautore della sua risonanza nel mondo.

Decisivo in questo senso fu il nuovo avvio del Teatro, in una città che in quegli anni pativa ancora il contrasto tra l’industrializzazione e l’isolamento di secoli e che aspirava a una crescita culturale che tenesse il passo con quella economica. Determinante fu poi l’idea di coinvolgere Cristina e Riccardo Muti nella creazione del Festival, realizzando un fecondo sodalizio tra pubblico e privato nella Fondazione.

Preceduta dall’inaugurazione della meridiana restaurata di piazza Garibaldi e seguita dall’accensione del nuovissimo impianto d’illuminazione della facciata del Teatro, la cerimonia ha visto scoprire nel foyer una targa dedicata all’Avvocato alla presenza dei suoi famigliari, del sindaco Michele De Pascale, di altre autorità e di alcuni ospiti. Il sindaco ha anche svelato il busto di Dante, riproduzione in gesso della scultura di Vincenzo Vela, che nel foyer ha trovato una collocazione definitiva dopo essere stato esposto al Museo Dantesco.

Nel ristrettissimo gruppo di persone presenti, per le quali è stato temporaneamente riaperto l’Alighieri, spiccava il filosofo Massimo Cacciari che con Riccardo Muti ha di recente pubblicato il libro “Le sette parole di Cristo”, una riflessione a due voci che prende le mosse dall’omonimo capolavoro orchestrale di Haydn e dalla Crocifissione di Masaccio conservata al Museo di Capodimonte. Il programma del pomeriggio prevedeva infatti una prova delle “Ultime sette parole di Cristo sulla croce” con Riccardo Muti sul podio dell’Orchestra Cherubini, in vista di prossime esecuzioni.

Anche nei confronti della Cherubini, che ha presieduto da quando Muti la fondò nel 2004 fino al 2019, Mario Salvagiani è stato una presenza di grande rilevanza; è grazie anche a lui se l’Orchestra è sempre più di casa a Ravenna, tanto che avrà una nuova sede nella chiesa di San Romualdo che a questo scopo è in procinto di essere trasformata in auditorium.

Prima della prova, Cacciari è salito in palcoscenico per tenere un discorso, una sorta di breve lezione ai giovani della Cherubini, sui temi sviluppati nel libro; tra questi, come la musica diventi pensiero e immagine in Muti mentre dirige, come la musica possa esprimere idee diverse e simultanee e come il suo linguaggio, per quanto non sia e non possa essere rappresentativo o narrativo, sia quello che produce più immagini e sensazioni, quello che dice di più, rispetto a quelli delle altre arti.

La profonda interpretazione di Muti, che in una lunga intervista di questi giorni al direttore de “La Repubblica” Maurizio Molinari ha parlato di come la sofferenza del periodo che stiamo vivendo non possa non avere un’influenza sulla musica, ha coronato il ricordo di Mario Salvagiani. L’uscita dal Teatro, con la facciata risplendente di nuova luce, è sembrata avere un forte valore simbolico di riscossa e di speranza.

Patrizia Luppi

(nella foto in home page, Cristina Mazzavillani Muti scopre la targa dedicata a Mario Salvagiani)
(foto Zani-Casadio)



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