Porto e Volley in lutto: la scomparsa di Giuseppe Brusi. I funerali sabato 28 ottobre | la CRONACA di RAVENNA

Porto e Volley in lutto: la scomparsa di Giuseppe Brusi. I funerali sabato 28 ottobre

Addio a “Beppone”, l’uomo che portò Ravenna sul tetto d’Europa. Era socio storico della Casa di Spedizioni Riparbelli

26 ottobre 2023 - Il Porto e la pallavolo erano la sua vita. Giuseppe Brusi, al di fuori del volley, era uno spedizioniere doganale, dal ’72 era entrato nella Casa di Spedizioni Riparbelli & C., fondata due anni prima da Umberto Riparbelli (di cui Brusi è rimasto socio fino alla fine, assieme poi alla figlia Barbara e alla figlia di Riparbelli, Alessandra).
La salma sarà esposta da oggi, giovedì 26 ottobre alle ore 16 alla Camera Mortuaria di Ravenna e i funerali si terranno alle ore 10 di sabato 28 ottobre per proseguire verso il cimitero di San Zaccaria. Oltre alla figlia Barbara, lascia la moglie Rina e la nipote Bianca.
In quanto alla pallavolo è uno sport di squadra, e se si vince non è mai merito di una persona sola. Ma ci sono figure che spiccano, senza le quali probabilmente la storia del nostro volley non sarebbe stata la stessa.
Giuseppe Brusi è in cima a questa lista. Ha portato la sua Ravenna sul tetto d’Europa sia con le ragazze della Teodora di Sergio Guerra, dominatrici per almeno un decennio; sia con l’ineguagliabile Messaggero di Kiraly e Timmons, vincitore di uno scudetto tutt’altro che scontato nel primo anno con la Emme Rossa e poi di tre coppe campioni consecutive, anche quando i quattrini cominciavano a calare.
Ma Brusi, che se n’è andato ieri sera a 81 anni, era ancor oggi stimato e ascoltato a ogni latitudine sportiva: per il suo carisma, la sua enorme conoscenza, la sua sensibilità “mascherata” dai quei modi burberi che lo rendevano inconfondibile.

Gli anni del boom della Teodora erano stati quelli della prima grande affermazione, in Italia e poi in Europa, con il professor Sergio Guerra in panchina e una generazione di ragazze straordinarie in campo. Benelli e Zambelli, Prati e Tavolieri, Bigiarini e Bernardi, e tante altre ravennati diventate campionesse, a loro volta esempio virtuoso per generazioni di ragazzine sotto rete.
Ma il vero capolavoro fu il successo del Messaggero. Quando Carlo Sama portò un bel budget da investire nel volley maschile a Ravenna (la città che vinse i primi cinque scudetti della storia, e che si vanta di essere la “culla della pallavolo”), chiese a Brusi di costruire una squadra competitiva, in grado di giocarsela con i colossi dell’epoca: Milano, Treviso, Parma. L’impresa non era facile: “Beppone” scelse alla perfezione in un mercato affollato, portando dagli Usa re Karch e la sua “spalla” Steve Timmons, mettendo il genio di Fabio Vullo in regia, aggiungendo al roster altri campioni del calibro di Gardini, Masciarelli, Errichiello. Ma decise anche, coraggiosamente, di puntare su due ravennati in altrettanti ruoli chiave: il coach Daniele Ricci, forse poco “glam” ma certamente non meno preparato degli allenatori avversari, e il giovane schiacciatore Stefano Margutti, il migliore prospetto della scuola locale. E con queste scelte vinse la scommessa: il campionato al primo colpo, un Pala De André sempre più gremito, in un’escalation di partecipazione cittadina che generazioni di ravennati ricorderanno a lungo.

Altri successi arrivarono, in Europa, negli anni successivi; altri giovani crebbero sotto la guida di Brusi anche quando il budget cominciava a calare (un nome su tutti, Vigor Bovolenta). Giuseppe continuò sempre a seguire la pallavolo, magari con un ruolo più discosto, una volta che la prima squadra cittadina dovette abdicare alle vette per motivi di bilancio.

Vogliamo ricordarlo con un aneddoto dell’estate post scudetto. La nuova stagione del volley veniva presentata ufficialmente al Pala De André. Al giornalista Rai Lorenzo Dallari, che gli chiedeva se temesse una ripartenza difficile dei suoi giocatori dopo lo stress degli impegni estivi in nazionale, Brusi rispose lapidario, alla romagnola: “stressati saranno i lavoranti che vanno a diradare le bietole, non i giocatori che prendono milioni per tirare un pallone di là dalla rete”. In una frase, una lezione di vita. Beppone Brusi era così. Gli sia lieve la terra.


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