“Tamerlano” di Vivaldi, un magnifico pasticcio barocco INTERVISTA | la CRONACA di RAVENNA

“Tamerlano” di Vivaldi, un magnifico pasticcio barocco INTERVISTA

L’opera va in scena al Teatro Alighieri sabato 14 e domenica 15 con l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone e la regia di Stefano Monti

14 gennaio 2023 - Quello del “pasticcio” fu un procedimento molto diffuso nella musica dell’epoca barocca, quando i compositori riutilizzavano liberamente, per i loro lavori, brani di altri autori. Anche Antonio Vivaldi ne fece uso: un esempio è “Il Tamerlano, ovvero la morte di Bajazet”, che apre la Stagione 2023 del Teatro Alighieri in un nuovo allestimento che girerà poi, tra gennaio e febbraio, nei teatri di Piacenza, Reggio Emilia, Modena e Lucca. 

Gli interpreti sono specialisti tra i più autorevoli di questo repertorio: l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone e cantanti che in parte (gli interpreti dei ruoli principali: il baritono Bruno Taddia, il controtenore Filippo Mineccia e il contralto Delphine Galou) hanno partecipato alla registrazione dell’opera vivaldiana pubblicata nel 2020 dall’etichetta Naïve. 

Il regista Stefano Monti, autore anche di scene e costumi, ha ideato un allestimento che coniuga il barocco con una dimensione atemporale, ampliando le risorse spettacolari con il teatro di figura e la danza della DaCru Dance Company.

Abbiamo rivolto al direttore qualche domanda su quest’opera molto raramente rappresentata.

Ottavio Dantone, Vivaldi e il librettista Agostino Piovene come trattano la storia dell’implacabile condottiero mongolo Tamerlano?

“La vicenda narrata nell’opera, che fu rappresentata per la prima volta nel 1735, ha dei risvolti storici; tuttavia, com’era consueto in epoca barocca, è un pretesto per poi creare delle interazioni tra i personaggi che sfocino nell'espressione delle emozioni, quindi l’amore, l'odio, il ricatto eccetera.

Tamerlano è il cattivo che poi alla fine si pente, è il sovrano vittorioso su Bajazet, che tiene prigioniero, e intanto si innamora di sua figlia Asteria. Lei è già promessa ad Andronico, un principe alleato di Tamerlano, il quale a sua volta è promesso a un'altra che si chiama Irene; Bajazet, che è prigioniero, è irato per la pretesa di Tamerlano di sposare Asteria. Si creano così tutti gli intrecci.

La caratterizzazione dei personaggi qui è importante a prescindere dalla storia; l'opera barocca è sempre romanzata, non può seguire una vicenda storica in maniera rigorosa, renderebbe il tutto meno interessante da un punto di vista dei rapporti tra i personaggi”.

“Tamerlano” è un pasticcio: Vivaldi ha infatti usato arie di altri autori, Geminiano Giacomelli, Johann Adolf Hasse e Riccardo Broschi, e anche alcune sue di opere precedenti. Quali le ragioni di questa disinvoltura?

“Intanto il diritto d'autore allora non esisteva, ma non è questo il punto. Il pasticcio era da un lato un modo per mettere in scena un'opera in maniera molto veloce, perché utilizzando musiche già facenti parte di altre opere, o comunque già esistenti, tutto era molto più rapido nella messa in scena; ma, soprattutto, un pasticcio era anche l'occasione per utilizzare brani richiesti dai cantanti o comunque per proporre la musica migliore possibile: arie già collaudate, che erano già state eseguite, che erano già nel favore del pubblico.

Il pasticcio, quindi, da un lato può diventare una forma d'arte assolutamente elevata dal punto di vista del livello musicale, dall'altro a volte, come anche nel caso del ‘Tamerlano’ di Vivaldi, essere oggetto di messe in scena abbastanza sfarzose.

In realtà, l'opera barocca non va giudicata sulla base né del libretto né della struttura: va giudicata sulla capacità di muovere le emozioni, gli affetti, come si diceva. Il punto è come esprimere le emozioni. Si possono esprimere anche cantilenando una canzoncina, dipende da come lo si fa. È un po’ quello il concetto della musica barocca: si può fare un capolavoro suonando ‘La bella Gigogin’, oppure si può suonare male, se non si è compreso e non si sa bene come esprimere una frase, come parlare all'ascoltatore”.

“Tamerlano” è uno dei lavori che possono far capire l’importanza del Vivaldi operista? 

“Sì, soprattutto se si pensa non tanto alle arie: Vivaldi ne ha composto solo una parte, quelle corrispondenti ai personaggi positivi, mentre ha utilizzato degli altri autori le arie dei personaggi diciamo cattivi, negativi, e ciò indica peraltro una struttura nell’assemblamento dei brani.

Ma questo ‘Tamerlano’, come altre sue opere, contraddice quello che si è sempre detto su di lui, che non è un autore oggi facile da mettere in scena, che la sua drammaturgia è debole: non è affatto vero.

Soprattutto i recitativi sono scritti con una straordinaria attenzione, con un’enorme cura per i silenzi, per il ritmo, per le dissonanze, per tutto ciò che è teatro. Il recitativo è il teatro, mentre l'aria è l'emozione, la rappresentazione delle emozioni.

Vivaldi scrive recitativi bellissimi, non solo secchi, cioè con il clavicembalo, ma anche accompagnati, cioè con strumenti che accompagnano: hanno un ritmo teatrale drammaticissimo, vorticosisissimo e molto interessante da ascoltare. In particolare, ci sono due recitativi accompagnati di Bajazet e di Asteria, sua figlia, che danno una misura delle capacità drammaturgiche del compositore”.

Patrizia Luppi


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