Scuola come sempre sacrificata. Si riparte con 1359 docenti supplenti e 266 Ata a tempo determinato | la CRONACA di RAVENNA

Scuola come sempre sacrificata. Si riparte con 1359 docenti supplenti e 266 Ata a tempo determinato

Cgil: «Cambiano i governi, ma la musica è la stessa. La scuola continua a essere mortificata. Più l’occupazione è precaria più si allarga la distanza tra la politica e i cittadini»

29 agosto 2022 - «Dopo due anni di retorica sul ruolo centrale della scuola, impegni assunti e siglati sul rafforzamento degli organici, sulla riduzione degli alunni per classe e sulla copertura di tutti i posti liberi, anche questo anno scolastico la campanella suonerà in provincia di Ravenna con numeri impietosi: circa 1.359 docenti supplenti in cattedra e 266 Ata con contratto a tempo determinato». Così la Cgil a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico.

Per i docenti, l’analisi della distribuzione dei posti concessi in ruolo è la seguente: 15 nella scuola dell’infanzia; 40 nella scuola primaria; 39 nella scuola secondaria di primo grado; 60 nella scuola secondaria di secondo grado e 102 nel sostegno.
Dopo le immissioni in ruolo sono rimasti liberi, sui diversi ordini di scuola, 164 posti che saranno coperti con assunzioni di personale a tempo determinato e altri 196 sono destinati al delicatissimo ruolo di insegnante di sostegno.
A questi numeri si aggiungono quelli che derivano dall’adeguamento degli organici, che tra posti interi e spezzoni orari, raggiungono circa 306 posti distribuiti fra i diversi ordini di scuola, cui si sommano i 563 posti sul sostegno.
Infine, saranno da coprire, sempre con contratto a tempo determinato, 131 posti accantonati per il concorso straordinario bis che in Emilia Romagna non è stato ancora avviato. 

 

“In una logica del risparmio – commenta la segretaria generale della Flc Cgil Ravenna, Sara Errani -, come accade ormai da troppi anni, avremo docenti precari che, invece di essere stabilizzati, lavoreranno senza poter garantire alcuna soluzione di continuità didattica.
Per il personale ATA sono stati 69 i posti autorizzati nella nostra provincia per il conferimento di contratto a tempo indeterminato.
Percentuali molto basse rispetto al reale fabbisogno delle nostre istituzioni scolastiche, considerando, anche, che quasi tutte le segreterie sono al collasso: poco personale, spesso precario, senza la possibilità di formarsi per gestire il complesso lavoro da fare e una mole di lavoro sempre crescente”.

I ruoli concessi sono stati così distribuiti sui diversi profili: 17 assistenti amministrativi, 3 assistenti tecnici e 49 collaboratori scolastici. Dopo le immissioni in ruolo sono rimasti liberi 116 posti, cui si aggiungono 149 posti che derivano dall’adeguamento degli organici. Saranno, quindi, 266 i posti ricoperti con contratto a tempo determinato ai quali si aggiungeranno quelli derivanti dalle richieste di part-time.

“Questi numeri impietosi, sia per il personale docente che per quello Ata – dice Sara Errani - confermano problemi che si rincorrono da anni e che si sono amplificati smisuratamente a causa della pandemia”.

A completare il quadro ci sono anche altri dati. Su 44 istituti scolastici della provincia di Ravenna, ben 11 sono senza un direttore dei servizi generali e amministrativi e dovranno ricorrere ad assistenti amministrativi che si faranno carico di ricoprire tale ruolo come facenti funzione.

Saranno tre le scuole senza un dirigenze scolastico che andranno a reggenza.

“Per due anni la scuola ha resistito all’onda d’urto della pandemia – conclude Sara Errani -, nonostante le mille mancanze e le difficoltà estreme che si è vista costretta ad affrontare in solitaria.
Senza la stabilizzazione del personale precario e una sostanziale riduzione dell’elevato numero di alunni per classe non si garantisce il diritto allo studio né il diritto alla salute e alla sicurezza.
Nonostante gli innumerevoli proclami di chi ci governa, la scuola continua a essere mortificata e sacrificata. Se volessimo tracciare la distanza esatta tra la politica e i cittadini, l’unità di misura sarebbe il lavoro. Più l’occupazione è precaria più il solco si allarga. Chi fa finta di non vedere la realtà, è corresponsabile di questa deriva”.


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