Economia
Visco e Patuelli, l'economia di Dante e quella moderna tra similitudini e moniti
Il Governatore della Banca d'Italia e il presidente dell'ABI ai Chiostri Francescani
11 settembre 2021 - L'economia ai tempi di Dante, nel 1200, e ai giorni nostri. Con tante similitudini: dai dissesti bancari alla pandemia, poi l'usura ma anche gli albori dell'economia globale e l'avanzata della tecnologia. Di tutto questo hanno parlato nel pomeriggio ai Chiostri Francescani, il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, e il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, nell'ambito del Festival Dante2021 organizzato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Ravenna.
«La sfida per ridurre i rischi di instabilità che possono essere generati dalla 'nuova' finanza resta elevata, tanto più che la necessità di risposte globali riguarda a volte le ripercussioni internazionali di istituti e fenomeni caratteristici di specifiche giurisdizioni» ha rimarcato Visco «e le carenze del quadro regolamentare e del sistema di supervisione sulla finanza di mercato hanno giocato un ruolo, ad esempio, in alcuni recenti episodi di fallimento di intermediari non bancari (da Wirecard ad Archegos, da Greensill a Huarong)». Occorre quindi una risposta che provenda dalla cooperazione internazionale e l'attuale presidenza italiana del G20 si sta muovendo in questa direzione.
Il presidente dell'Abi Antonio Patuelli ha rivolto un monito a tutto il mondo dell'economia «perché tutti seguano l'ideale etico del Catone dantesco, per la rigida rettitudine per l'adempimento dei doveri per stare lontani anche dalle colpe dell'Inferno dantesco, dall'ignavia, dagli avari e dai prodighi, dagli scialacquatori e dagli usurai, dai barattieri, dagli ipocriti, dai ladri, dai seminatori di discordia, dai traditori della Patria e dei benefattori».
Patuelli ha fra l'altro affermato che Benedetto Croce, il 14 settembre 1920 pronunciò nella Biblioteca Classense di Ravenna il famoso discorso per il sesto centenario dantesco che venne seguito dalla pubblicazione del volume sulla Poesia di Dante. Si tratta di una sorta di autorevole e semplice 'guida' della Commedia e al tempo stesso di un libro di storia che è quanto mai attuale, chiaro nel linguaggio ed esplicativo del percorso effettuato dall'Alighieri nella Commedia come 'peccatore che intraprende docile e compunto la via della purificazione', da 'moralista' che esprime il giudizio e gradua 'i peccati e i vizi umani, e fuori quasi della stessa graduatoria pone 'gl'infingardi, i timidi, i perpetuamente irresoluti, inetti al bene e al male' fino agli ipocriti che lo riconducono nell'Inferno ai sentimenti etico-politici e ai suoi rapporti di amore e odio verso la sua sognata Firenze. La città del Giglio fu, però, scrive Croce, causa 'del dramma della vita' di Dante 'e della catastrofe' dell'esilio dell'Alighieri, 'con l'angoscia del distacco, con la povertà… con le umiliazioni... con un animo sensibilissimo che soffre di tutte le punture e quasi s'intenerisce su se stesso'.
Invece, Croce indica come più benevoli i sentimenti di 'amore e sollecitudine' di Dante verso la sua principale terra d'esilio, la Romagna, 'lembo d'Italia a lui noto e consueto'.
© copyright la Cronaca di Ravenna
«La sfida per ridurre i rischi di instabilità che possono essere generati dalla 'nuova' finanza resta elevata, tanto più che la necessità di risposte globali riguarda a volte le ripercussioni internazionali di istituti e fenomeni caratteristici di specifiche giurisdizioni» ha rimarcato Visco «e le carenze del quadro regolamentare e del sistema di supervisione sulla finanza di mercato hanno giocato un ruolo, ad esempio, in alcuni recenti episodi di fallimento di intermediari non bancari (da Wirecard ad Archegos, da Greensill a Huarong)». Occorre quindi una risposta che provenda dalla cooperazione internazionale e l'attuale presidenza italiana del G20 si sta muovendo in questa direzione.
Il presidente dell'Abi Antonio Patuelli ha rivolto un monito a tutto il mondo dell'economia «perché tutti seguano l'ideale etico del Catone dantesco, per la rigida rettitudine per l'adempimento dei doveri per stare lontani anche dalle colpe dell'Inferno dantesco, dall'ignavia, dagli avari e dai prodighi, dagli scialacquatori e dagli usurai, dai barattieri, dagli ipocriti, dai ladri, dai seminatori di discordia, dai traditori della Patria e dei benefattori».
Patuelli ha fra l'altro affermato che Benedetto Croce, il 14 settembre 1920 pronunciò nella Biblioteca Classense di Ravenna il famoso discorso per il sesto centenario dantesco che venne seguito dalla pubblicazione del volume sulla Poesia di Dante. Si tratta di una sorta di autorevole e semplice 'guida' della Commedia e al tempo stesso di un libro di storia che è quanto mai attuale, chiaro nel linguaggio ed esplicativo del percorso effettuato dall'Alighieri nella Commedia come 'peccatore che intraprende docile e compunto la via della purificazione', da 'moralista' che esprime il giudizio e gradua 'i peccati e i vizi umani, e fuori quasi della stessa graduatoria pone 'gl'infingardi, i timidi, i perpetuamente irresoluti, inetti al bene e al male' fino agli ipocriti che lo riconducono nell'Inferno ai sentimenti etico-politici e ai suoi rapporti di amore e odio verso la sua sognata Firenze. La città del Giglio fu, però, scrive Croce, causa 'del dramma della vita' di Dante 'e della catastrofe' dell'esilio dell'Alighieri, 'con l'angoscia del distacco, con la povertà… con le umiliazioni... con un animo sensibilissimo che soffre di tutte le punture e quasi s'intenerisce su se stesso'.
Invece, Croce indica come più benevoli i sentimenti di 'amore e sollecitudine' di Dante verso la sua principale terra d'esilio, la Romagna, 'lembo d'Italia a lui noto e consueto'.
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