Pablo Neruda, un delitto di Pinochet? | la CRONACA di RAVENNA

Pablo Neruda, un delitto di Pinochet?

Intervista a Roberto Ippolito, che oggi alla Classense parlerà del libro d’inchiesta in cui ha raccolto un’ampia documentazione sulla morte sospetta del poeta

17 ottobre 2020 - Tra le tante manifestazioni oggi in programma nella Notte per Dante è previsto un incontro dedicato a un eccelso poeta dei nostri tempi, il cileno Pablo Neruda, e alle circostanze fortemente sospette della sua morte, avvenuta meno di due settimane dopo il colpo di stato del generale Augusto Pinochet e la tragica morte del presidente Salvador Allende. Protagonista dell’incontro sarà lo scrittore e giornalista Roberto Ippolito, autore di “Delitto Neruda” uscito quest’anno per le edizioni Chiarelettere, che nella Sala Dantesca della Biblioteca Classense dialogherà con Matteo Cavezzali in apertura del ciclo “Il tempo ritrovato”, a cura dello stesso Cavezzali. L’appuntamento è per le 17 e prevede anche letture di Viola Casadei e Antonio Maiani e musiche di Jenny Burnazzi e Andrea Carella, violoncello elettrico e sassofono.

Da tempo sono state già avanzate fondate supposizioni sulla matrice delittuosa della scomparsa di Neruda, avvenuta il 23 settembre 1973 nella clinica Santa María di Santiago del Cile dove il poeta, al quale due anni prima era stato conferito il premio Nobel, era ricoverato per un cancro alla prostata al quale la morte fu ufficialmente imputata; ne ha tratto origine un’inchiesta giudiziaria che però, dopo nove anni, non è ancora giunta al termine.
Il libro di Ippolito, realizzato dopo un lungo e accurato lavoro di indagine, offre una ricostruzione rigorosa del caso e la sostiene attraverso un’ampia documentazione arrivando alla conclusione che è stato compiuto un delitto dal regime di Pinochet. Ne abbiamo parlato con l’autore.


Roberto Ippolito, come è nato il tuo coinvolgimento in questa vicenda?

“Alcuni anni fa ho avuto notizia dei sospetti riguardo alla morte di Neruda e mi sono molto incuriosito, ho sentito subito un fortissimo bisogno di conoscenza e di approfondimento. C’era una questione di giustizia non risolta, perché la morte di Neruda è ufficialmente attribuita al cancro alla prostata, ma, come potrà apprendere chi leggerà il libro, è assolutamente impossibile che sia stato il cancro a ucciderlo.
Dalla curiosità iniziale è partito il mio lavoro d’inchiesta, che ho compiuto sempre animato dal dubbio; passo dopo passo ho trovato sempre più elementi, informazioni, documenti che portavano a pensare alla possibilità di un delitto, però ho continuato ancora a cercare, mettendo a confronto testimonianze anche di segno diverso di cui il mio libro rende conto. Questo per riuscire a raccontare con il massimo dell’affidabilità storica ciò che effettivamente accadde".

E che cosa accadde?
“In base alla versione ufficiale, Pablo Neruda morì domenica 23 settembre 1973 alle 22.30 mentre era ricoverato nella clinica Santa María. Sul certificato medico e sul certificato di morte del Registro civil cileno è scritto “cachessia cancerosa”, il che è assolutamente impossibile perché, in base a una perizia sulla cintura che era allacciata al corpo nel momento della sepoltura, si deduce che Neruda era sovrappeso o addirittura obeso.
Non poteva quindi soffrire di cachessia, che corrisponde a deperimento e malnutrizione; anche le analisi delle proteine ci dicono che la cachessia è impossibile. Tra l'altro, il certificato medico non fu firmato dal medico di turno della clinica Santa María ma dall'urologo che non era mai stato presente nei cinque giorni di ricovero di Neruda in clinica e non vide il corpo del poeta morto. Questi sono gli elementi essenziali, i punti di partenza, per così dire, fuori discussione".

Ci sono altri elementi a favore dell’ipotesi del delitto?

“Sono tanti, compreso il fatto che Neruda aveva lavorato fino all'ultimo e una persona che lavora fino all'ultimo non può essere deperita. Un aspetto essenziale della vicenda è che il giorno dopo il poeta sarebbe partito per il Messico con un aereo messo a disposizione dal presidente del Messico Luis Echeverría, oggi quasi centenario.
È evidente che in Messico Pablo Neruda, per la sua popolarità internazionale, avrebbe costituito una spina nel fianco del regime di Pinochet, che non poteva sopportare che un personaggio così noto e di tale richiamo internazionale si trovasse all’estero e potesse liberamente contestare la dittatura, le violenze e il sangue che si stava versando".

Hai fatto sicuramente un grandissimo lavoro sulle fonti.
“Ho raccolto la mole di materiale letteralmente in tutto il mondo e non solo in Cile perché le vicende descritte dettagliatamente hanno riferimenti e agganci in tanti paesi. Si tratta di documenti, testimonianze, perizie, dati scientifici, informazioni ricavate dagli archivi e dai libri. Le fonti necessarie e normali per un libro d'inchiesta sono state moltiplicate all'infinito, perché si trattava di ricostruire una vicenda storica che ha però anche un’attualità molto forte.
L’attualità è un’inchiesta giudiziaria che è stata aperta soltanto nel 2011, quindi 38 anni dopo la morte di Neruda, sulla base di una denuncia del suo autista Manuel Araya, che in precedenza era rimasto a lungo inascoltato. L’inchiesta però non è ancora arrivata alla conclusione, nonostante il grande lavoro del magistrato Mario Carroza, ma viene ostacolata e impedita dai nostalgici del regime di Pinochet e dai negazionisti, che sono numerosi e hanno un potere molto forte.”

Quali sono le ipotesi più probabili sulle vere cause della morte?
“Gli ultimi accertamenti ci dicono che nel corpo di Neruda, per la precisione in un molare integro, è stato trovato il batterio clostridium botulinum, la cui tossina fu usata come arma letale dal regime di Pinochet in tempi successivi. Non abbiamo la certezza che già dodici giorni dopo il golpe, il 23 settembre, il regime usasse quest’arma letale, però è possibile che la morte del poeta sia avvenuta attraverso un'iniezione di botulino".

Come è stato accolto il tuo libro dai familiari di Neruda?
“Ha ottenuto, e ne sono lusingatissimo, un riconoscimento da parte del nipote diretto del poeta, Rodolfo Reyes, che è il rappresentante legale della famiglia. Reyes ha detto testualmente che quest’opera è un anticipo della verità giuridica che è stata impedita in Cile per vari motivi e interessi. Inoltre, il 23 settembre scorso, giorno dell’anniversario della morte di Neruda, la Fondazione internazionale Baltasar Garzón, impegnata sul fronte dei diritti umani, ha diffuso una nota a Madrid in cui dice che un altro anno è passato senza la verità sulla morte di Neruda: perciò in questa occasione ha raccomandato la lettura di ‘Delitto Neruda’ che, afferma, è ‘ricco di documenti e testimonianze’ e arriva alla conclusione della morte non naturale".

Sono riconoscimenti di grande rilievo.

“Beh, ovviamente la soddisfazione personale c’è, ma ne parlo perché è importante riuscire ad arrivare alla verità sulla morte di Neruda. Ma ci aiuterebbe anche, data la popolarità del poeta, a capire che cosa è accaduto con il golpe in Cile. Spero che il mio libro sia un contributo alla verità e alla giustizia non soltanto per quello che riguarda la fine del poeta, ma per tutto ciò che è successo in Cile con l’annientamento della democrazia, gli omicidi, le torture, i carri armati, le bombe sul palazzo presidenziale. L’inchiesta ora è ferma ed è impossibile fare previsioni sulla chiusura, in teoria possibile anche in tempi brevi. I responsabili delle violazioni dei diritti umani devono essere finalmente individuati, non per un senso di vendetta, ma perché la giustizia deve essere affermata per tutti".

Patrizia Luppi


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